St Vincent & the Grenadines, uno staterello caraibico che nasconde sorprese incantevoli e dure verità sociali.
In uno degli angoli più belli dei Caraibi, sulla sosta
meridionale dell'isola di St Vincent, proprio dif ronte a una delle isole più
belle della intera zona, quella Bequia che è la prima delle ben note
Grenadines, si ergono – va usato questo verbo – due isolette dal destino ben
differente: la prima, Young Island, è un resort che era di lusso sfrenato,
mentre ora lo è un po' meno, appena un po', mentre la seconda, Fort Duvernette,
è una sorta di fallo piantato nel golfo. Nel porticciolo di Villa, dove so
passeggiando per digerire le seppie alla caraibica appena gustate alla French
Veranda, chiedo a due dinoccolati energumeni (non sono contraddittorie le due
qualità da queste parti) se sia possibile accedere a quel pilastro verde di
vegetazione e rosso di pozzolana piantato nel mare. Per dieci dollari caraibici
mi portano all'approdo dell'isola, da cui una scala di cemento porta alla
sommità.
Detto fatto, ballando un po' sulle onde di questo insolito
mini-tifone dicembrino, sbarco sull'isola oggi assolutamente deserta, è Natale
e fa brutto tempo. Il mio pilota se ne va, dice che tornerà tra mezz'ora o poco
più. Lo spero bene. Il luogo fa impressione: le pareti salgono pi che a
perpendicolo – siamo sul sesto superiore con passaggi in artificiale – e
continuamente lasciano cadere pulviscolo o sassi di dimensione in massima parte
contenuta. Lo spero proprio. Salgo le prime rampe aeree, proprio così, non c'è
che dire, talvolta cielo e mare li si intravvedono attraverso qualche fessura
delle lastre di cemento. Terranno? Lo spero. Poi la scalinata s'addossa alla
parete, anzi s'incassa in essa, ma col piccolo dettaglio che i sassi cadono via
via più grossi, chissà se sarò fortunato. Lo spero. E finalmente eco le
fortificazioni, in realtà solo un paio di terrazze con parapetto e un gazebo di
paglia. Ma ci sono sei cannoni a minacciare l'orbe terracqueo, qui soprattutto
acqueo. La vista è straordinaria, sulle Grenadine, su Saint Vincent, su Young
Island. E m'accorgo che qui bisogna solo lasciarsi invadere l'animo, attraverso
i cinque sensi, senza chiedere né tanto meno pretendere nulla. A cominciare dal
ritorno del mio pilota, che fortunatamente trovo all'approdo.
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