Viaggio a Creta/3 - Il sito archeologico più noto dell'isola cela la diatriba tra diversi tipi di restauri.
Che sia il
luogo principe della grande tradizione minoica nessuno lo nega, come il fatto
che le rovine scoperte prima dal greco Minos Kalokairinos (1878) e poi
dall’inglese Arthur Evans (1894) siano assolutamente le più importanti e le più
vaste dell’intera isola di Creta. Un giro dalle parti di Cnosso è ineludibile
in una pur breve scappata nell’isola di Creta. Pochissimi altri luoghi al mondo
possono riportare indietro nel tempo così lontano e con altrettanta forza di
convincimento storico: risalire ad una civiltà affermata ed evoluta come quella
minoica, duemila anni prima di Cristo, cioè quattro millenni addietro, è
operazione altamente ardita, ma straordinaria. Ardita, perché quanto è stato
finora ipotizzato sulla civiltà minoica è tanto fantastico quanto leggendario.
Straordinaria, perché si respira la Grande Storia a Cnosso. Il palazzo sorge
nelle alture di Kefala e nella valle di Kairatos, a due passi dall’attuale
capitale Iráklio:
il mito del Minotauro (sacerdote con un elmo a forma di toro) e del labirinto
in cui fu ucciso da Teseo viene ambientato proprio qui. Del re Minosse, non c’è
traccia sicura!
C’è folla a
Cnosso, viene dal mondo intero a vedere quanto sembra aver già visto sui propri
computer. I giapponesi, in gruppi fastidiosissimi perché simili a muri umani
lunghi e impenetrabili – guai a cercare di attraversarli, si viene malamente
espulsi da quei cannoni che sono gli obiettivi delle macchinette fotografiche e
dalle quelle lance che sono i cavalletti! –, seguono sugli schermi dei loro
aggeggi elettronici quello che vedono, in una furia enciclopedica che lascia
senza fiato. Chissà cosa mai resterà nel loro immaginario dopo questa visita:
probabilmente i “falsi” eretti dall’altra furia, quella restauratrice e
ricostruttrice di Mr. Evans. Colonne dipinte di rosso pompeiano, affreschi di
delfini guizzanti appena immaginabili negli originali ritrovati, architravi in
cemento armato che probabilmente erano lignei in origine. Resterà nella loro
memoria quel che forse meno riporta con fedeltà l’originale minoico, assieme
alla leggenda di Minosse che qui avrebbe esercitato il suo straordinario
potere, dominando l’intera isola di Creta e partendo alla conquista di altri
territori.
Vago come
tramortito tra le rovine di Cnosso slalomando tra i turisti singoli e quelli in
comitiva, sperando di riuscire a scattare qualche foto senza traccia di umano,
se non accessoria, funzionale all’immagine e non intrusa accidentalmente. Gli
inserti posticci, opera della fantasia di Mr. Evans mi lasciano interdetto,
perché hanno una loro bellezza, una loro armonia estetica, pur essendo pugni
nello stomaco per chi cerca in qualche modo di capire la verità storica di quel
che succedeva quattromila anni fa. Cercando nelle rovine abbandonate senza
restauri il seme della verità, o perlomeno il suo simulacro, se non il suo
sogno. Ed è già straordinario quanto si ricava dalle comunque imponenti tracce
del Palazzo di Cnosso, eccezionale esposizione di potenza di millenni addietro:
basti pensare alle lunghe file di locali del Palazzo protopalaziale (2100-1700
a.C.), alle tracce del periodo prepalaziale (terzo millennio a.C.), o alle ben
più cospicue costruzioni del periodo neopalaziale (1700-1450 a.C.). Cortili,
verande, peristili, scale, sale del trono, mégaron, stanze da bagno, magazzini…
Mi colpisce in particolare una lunga e stretta scala che dà sul nulla della
collina: ecco l’esempio calzante di quel che deve essere un restauro, lasciare
che l’immaginazione ricostruisca il palazzo cui si accedeva attraverso quella
scala…
Esco dal sito
riconciliato nello spirito e nella mente da due scalinate assolutamente fantastiche
nella loro irregolarità, e tuttavia immaginifiche, funzionali come nessun altra
alla vista del Palazzo di Cnosso: probabilmente costituivano parte del teatro
del Palazzo prepalaziale… E mi dico che i giapponesi che, come il sottoscritto,
hanno pagato quattro euro per entrare nel complesso archeologico non avrebbero
capito nulla della civiltà minoica guardando queste scale straordinarie.
Probabilmente avrebbero suscitato il loro solo un basso istinto di rendere il
tutto simmetrico e perfetto nel restauro. Almeno con l’opera di Mr. Evans
qualcosa conserveranno di questo luogo e della sua memoria. Onore a Mr. Evans,
dunque, soprattutto epr non aver voluto toccare le “mie” due scalinate del
teatro, a cui si accede dall’ingresso della Strada delle processioni,
magnificamente lastricata! Un sentito ringraziamento.
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