Di fronte alla magnificenza offerta dalla città di
Rodi, non sono nemmeno tentato di visitare la
Nuova Rodi, quella che il Fascio edificò a
partire dagli anni Venti con profusione di mezzi e di ingegno, per un’avventura
coloniale che non fu drammatica e spietata come altre, Francia e Inghilterra in
testa, ma che comunque ebbe i suoi traumi. Certo, in giro per l’isola quando
accenno al fatto che sono italiano la gente s’illumina, letteralmente, e si
apre con trasporto e sincerità. Evidentemente qui i coloni hanno
mostrato i lati più gradevoli e apprezzabili della nostra italica natura. La
generosità, la magnanimità, la condivisione. E così, complice un cambiamento di
programma, mi ritrovo a trascorrere un paio d’ore battute da un impetuoso vento
del Nord attorno al porto di Mandráki,
costruito in prolungamento del vecchio porto di Rodi. E passo di sorpresa in
sorpresa, veramente, scoprendo che talvolta anche il nuovo, o perlomeno il
moderno o il recente, fanno strabuzzare gli occhi e sobbalzare il cuore.
A cominciare dalla Néa Agorá, che maestosa segna la
fine delle antichità (la celebre ed originalissima Porta San Paolo) e l’inizio
della novità (o della modernità), offrendo accoglienza e non poca sicurezza ai
tanti commerci della zona, protetti così dalle intemperie e dalle incursioni d’ogni
genere grazie al suo gradevole ed alberato grande cortile. Continuando sul
lungomare, si alternano edifici amministrativi sfacciatamente nei dettami del
Littorio ed altri che invece integrano stili diversi in un neoclassicismo talvolta
gradevole. Per giungere alla vasta chiesa già cattolica ed ora ortodossa
dedicata a San Evangelísmos, dalle vigorose reminiscenze romaniche nel suo
classico impiantito.
È proprio a quest’altezza
che si ritiene – almeno secondo alcune teorie – che fosse situato il
celeberrimo e misconosciuto Colosso di Rodi, una delle sette meraviglie del
mondo, una statua del dio Elio eretta nel 292 a.C., ma rimasta in piedi solo 65 anni
prima di essere distrutta da un terremoto. Ora, al posto dei piedi e dei
polpacci della gigantesca statua, sono state erette dal Fascio due colonne –
eleganti, non c’è che dire – che in coppa portano due copie uguali, bronzee, di
un cervo, il simbolo di Rodi. Che si stagliano nitide sullo sfondo dei possenti
bastioni della Fortezza di Ágios Nikólaos e dei tre (ex) mulini a vento
cilindrici che segnano il passaggio tra i due porti della città.
Ma non è finita: si avanza
evitando i flutti che invadono la sede stradale per fiancheggiare una
costruzione che pare un Giano bifronte: dal lato marino sembra un palazzo della
Serenissima, mentre dal lato della terraferma ammicca invece ad uno stile più
rinascimentale. È il vecchio Palazzo Vescovile. E infine, a chiudere la
prospettiva cittadina sul mare, ecco tre edifici uno più originale dell’altro,
oggi locali alla moda: una sorta di Pantheon e due graziose basse costruzioni
marinare, ingentilite da frontoni decorati
a stucchi. Poi il mare Egeo, e quindi lo Ionio, quindi l’Adriatico e infine
l’Italia. Finché sono queste le tracce dell’italica cultura nel mondo c’è da
star tranquilli. Anzi, c’è di che rallegrarsi!
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