Una delle città toscane meglio conservate, percorsa da un afflato di medievale bellezza.
Una conferenza mi porta in quel di Lucca, una delle tante
meraviglie d’Italia che non sono ancora riuscito a visitare e conoscere alla
bella età di 56 anni. Non c’è nulla di cui scandalizzarsi, qui nella Penisola
(e nelle isole!) la quantità di bellezze naturali e artistiche è di una mole tale
che tutti siamo giustificati delle nostre mancanze… È una giornata di pioggia,
da Firenze un amico in carrozzella vuole farmi conoscere la sua città. E
comincia ovviamente dal pranzo, in un ristorante del centro, Gli orti. Ambiente
un po’ retro, diciamo anni Cinquanta, quelli della ristorazione gentile e
premurosa. Pappardelle al coniglio, guancia di vitello e torta alle punte di
erbe riuscirebbero a riconciliare il mondo con sé stesso. Ma non c’è tempo da
perdere, il mio amico si sistema sulla sua carrozzella e via, la città ci
appartiene, persino il sole fa capolino. È dall’attigua basilica di san
Giovanni che s’inizia: eleganza, apertura, luce. E un battistero dalla cupola
straordinaria.
Due passi sulle vie lastricate della città ed ecco il Duomo
di San Martino, un vero capolavoro iniziato a costruire nel 1060, su una
preesistente chiesa. E nel cuore del luogo di culto sta un sarcofago di
straordinaria bellezza, quello di Ilaria del Carretto, scolpito da Jacopo della
Quesrcia tra il 1406 e il 1408. Raffigura la nobildonna lucchese come una
ragazza in posa dormiente, riccamente abbigliata e giacente su un catafalco
decorato con putti reggifestone. Ai piedi della ragazza giace un cagnolino,
simbolo della fedeltà coniugale. È quest’ultimo che non può non attirare
l’attenzione, come conferma la superficie del marmo lisa dalle tante mani che
nei secoli ci si sono appoggiate.
Ecco due torri straordinarie: quella dell’Orologio del 1390
e quella della famiglia Giunigi, che sulla terrazza sommitale inalbera (è proprio
il caso di scriverlo) tre alberi, uno più affascinante dell’altro, quasi a
diventare simbolo di un’intera città che ha saputo preservarsi integra, come
gli alberi sulla terrazza: salirne le scale scure ma sicure e sbucare nella
verzura è esperienza di forza e di bellezza. Mentre nel vicino Anfiteatro
romano, cosiddetto perché di romano non c’è piùà nulla salvo il perimetro della
piazza, si respira il Medioevo popolare ed elegante di queste parti.
Tocca tornare, la conferenza non mi aspetta: San Frediano,
San Michele, palazzi vari, piazze una dopo l’altra… Ma il sigillo finale alla
visita non può essere che un giro sulle mura integre della città, un esempio
unico o quasi, chilometri di cinta assolutamente intatti. La città, appena al
di sotto del livello delle mura, appare nel suo vero essere: una serie di
gioielli racchiusi e direi protetti in uno scrigno forte e gentile, come deve
essere nel rispetto della dama fatata di una città come Lucca.
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