Una passeggiata in una zona romana che nutre una vivibilità insospettabile.
Era uno dei borghi più popolari della capitale, e anche dei
più malfamati, attorno alla seconda guerra mondiale. Un quartiere con una sua
storia particolare, che ne ha determinato la conformazione, la pianta
urbanistica e le architetture: Dopo la prima guerra mondiale, Roma visse un
impetuoso sviluppo edilizio. Il settore sud della capitale, nelle intenzioni
degli urbanisti umbertini, doveva essere connesso al lido di Ostia tramite un
canale navigabile parallelo al Tevere, che non fu però mai scavato. Tale canale
avrebbe dovuto fornire Roma di un porto commerciale molto vicino al centro
della città, al confine tra Garbatella e Testaccio; nella zona a ridosso del
canale avrebbero dovuto sorgere una serie di lotti abitativi destinati ad
ospitare i futuri lavoratori portuali. Fu con questa idea che Vittorio Emanuele
III posò la prima pietra a piazza Benedetto Brin, il 18 febbraio del 1920. La
vocazione inizialmente marinara del futuro rione XXIII può essere desunta anche
dalla toponomastica della parte più antica, ispirata essenzialmente a
personaggi legati al mondo navale. Il progetto fu intrapreso in un'area allora
semi disabitata e coperta da vigne e pascoli per pecore.
Ci ho abitato una decina d’anni, ma non l’ho vissuta
intensamente, la Garbatella, lavoravo altrove, da mane a sera. Oggi, per un appuntamento
mal compreso, mi trovo con un’ora di tempo, in una mattina fresca e serena. A
zonzo me ne vado per le vie della Garbatella…. E la riscopro nella sua follia e
nelle sue perversioni, ma anche nelle sue bellezze intuitive. Vie storte e vie
dritte, contorte o quasi a spirale. Coi giardinetti delle villette e dei
condomini quasi sempre poco curati, mentre fan mostra di sé i pini marittimi e
le palme sopravvissute al punteruolo rosso, la macchia mediterranea picchettata
dalle cartacce che la gente non ha imparato ancora a gettare nei cestini. E le
architetture, archi e frontoni, balconi decorati e vasi di fiori spelacchiati
curati dalla vecchietta in vestaglia che s’affaccia fumando avidamente una
sigaretta e tossendo come un’ossessa, gli intonaci al 90 per cento non
ridipinti da decenni e deturpati dai mostri delle paraboliche e dei
condizionatori, i cortili tra due, tre, quattro caseggiati di tre o quattro
piani decorati con stucchi lisci e arditi, i negozietti cadenti come il Bar
della Garbatella dove sto scrivendo queste note con la compagnia di Nerone, un
pappagallo grigio e chiacchierone che sta in gabbia, mentre poco alla volta la
corte dei miracoli arriva alla spicciolata a bersi un cappuccino commentando la
sonora sconfitta della Lazio contro il Milan. Chi reggendosi alle stampelle,
chi appoggiandosi ai muri, chi abbandonandosi ancora addormentato sulle sedie
rosse di plastica del bar. E poi la chiesa di san Francesco Saverio e il Teatro
Palladio e l’eleganza di Piazza Edoardo Masdea… Tutto folle, tutto gradevole,
tutto poco razionale. Come Roma.
Nessun commento:
Posta un commento