Ancora un post rieditato sul Nepal, per ricordarci delle vittime e per riuscire a ricordarci dei fratelli che stanno lassù senza più nulla, nella precarietà assoluta. Andiamo a Bhaktapur, una delle città più colpite dal sisma. Il Bisket Jatra, il capodanno nepalese, si concentra in una tenzone tra le due parti della città.
Da queste parti, in Nepal, il capodanno tradizionale cade nei
primi giorni di aprile. Quasi in ogni città lo si festeggia con grandi
celebrazioni che hanno tre caratteristiche: coinvolgono la folla, hanno un
significato religioso e sono un’esposizione della forza maschile. La più
celebre, a quanto pare, è il Bisket Jatra, che si tiene a Bhaktapur, trenta
chilometri a Ovest di Kathmandu, una cittadina perfettamente conservata, con
solo nelle straordinarie architetture newari
ma anche nella vita ordinaria della gente, tradizionalmente fedele al passato.
La festa coinvolge delle divinità ed è centrata su un grosso e alto carro di
legno – il poderoso carro di Bhairab, costruito artigianalmente mettendo
assieme i pezzi di legno sparsi attorno ai templi di Bhairabnath e di Nyatapola
– che trasporta le statue degli dèi dei due luoghi di culto (Bhairab e Betal,
che sono divinità amiche) da una piazza all’altra, cioè da Taumadhi Tole e Khalna
Tole, trainato da grosse e lunghe funi. Un dettaglio, il carro è conteso da due
partiti in opposizione, mezza città contro l’altra metà: chi vince ha il
diritto di conservare le statue delle divinità per una settimana nel “rifugio
per dèi” di Khalna Tole.
Tutta la città vive per la festa: arrivando già la mattina, si
nota una febbrilità che non è normale da queste parti: chi prepara ghirlande di
fiori, chi ancora è indaffarato attorno al carro che viene rinnovato ogni anno,
chi pulisce i gradini dei templi che danno sulla Taumadhi Tole, dove si svolge
la tenzone, o sulla Durbar Square, il centro storico e amministrativo della
città, chi prepara l’entrata in campo dei poliziotti… Ce n’è per tutti, anche
per i bambini che raccolgono centesimi lanciati dai turisti o per le bambine
che tessono treccioline votive. Anche se non teutonico, un ordine codificato
esiste nel susseguirsi degli avvenimenti a cui si calcola che assistano più di
20 mila persone all’anno. Il centro della tenzone è la Taumadhi Tole, dove si
affaccia il tempio più alto del Nepal, il Tempio di Nyatapola, cinque piani e
30 metri d’altezza, quasi gigantesco abete che veglia sulla città. I suoi alti
gradini sono oggi totalmente occupati da turisti e indigeni, in una simbiosi
assai simpatica, perché qui non vengono i grandi viaggi organizzati.
Alle 5 del pomeriggio, accompagnati dall’incessante tintinnio
dei cembali locali – che siano indù o buddhisti in fondo poco importa – le
divinità vengono finalmente issate sul carro (che potrebbe portare una centina
di persone, ma che ne ospita un centinaio, affastellati in modo rocambolesco e
pericoloso) e, ad un segnale convenuto, i contendenti cominciano a tirare sulle
funi, lunghe anche 200 metri. Un normale tiro alla fune? No, perché le funi da ogni
parte sono cinque o sei e perché, soprattutto, il percorso è tutt’altro che
lineare, e le funi s’incuneano nelle due vie dei contendenti. Mi apposto su una
terrazza della piazza per osservare meglio la scena: dato il via, la forza di
centinaia di braccia si concentra sul carro che così viene strattonato in modo
violento, al punto da ondeggiare, cigolare, pare quasi sollevarsi da terra, lo
sfrigolo delle funi sul legno pare il lamento di un dio minore, finché uno
strattone più violento degli altri sembra voler far pendere la bilancia da una
parte, l’Oriente della città, che pare infilare il carro senza freni nella via
sottostante il mio punto di osservazione. Ma il carro s’incastra su un balcone,
e quelli dell’Occidente hanno così il tempo di riorganizzarsi e cercare la
rimonta che fino a due minuti prima pareva impossibile. E ce la fanno, il carro
torna nella Taumadhi Tole, finché s’incastra nuovamente in un palazzo. Tira e
molla, tira e molla, resto quattro ore ad osservare la battaglia, tra
ondeggiamenti paurosi, gente che rimane schiacciata, un ragazzino che cade dal
carro, la polizia che interviene. Leggo su un giornale che l’anno scorso
c’erano stati sei morti, saccheggi e pestaggi per l’ubriacatura generalizzata:
quest’anno la polizia, invece, pare tener tutto sotto controllo con una
presenza muscolosa. Anche questo è il Bisket Jatra.
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