Viaggio in Nepal e Bhutan/7 - L'opera di un monaco famoso per le sue produzioni d'ingegneria
Di solito il ponte è un passaggio che porta alla meta. Ma
quest’oggi mi rendo conto che ciò non è sempre vero. Bhutan, strada che conduce
da Paro a Thimphu, seguendo il corso del fiume Paro Chhu: una strada in
discesa, in una valle che si stringe sempre di più, arida e inospitale.
D’improvviso scorgo il monastero Tamchhog Lhakhang, classica architettura
bhutanese-tibetana, bianco e rosso porpora con medaglioni dorati, finestre di
legno a piccole aperture decorate, grandi travi evidenti sopra le aperture.
Edifici immacolati in mezzo all’aridità, come ancora di salvezza, rifugio,
luogo di ritiro e meditazione. Poi lo sguardo scende a valle, un centinaio di
metri di dislivello che portano lo sguardo verso il fiume incassato. E lì, ecco
due torri che paiono monasteri e tra di esse un ponte ad arcata unica che pare
fatto solo di preghiere buddhiste, tante sono le orazioni di tessuto che
giocano al vento con fantasia estrema. Avvicinandomi, m’accorgo che il ponte è
composto da cavi, anzi da catene – ne conterò nove – ancorate ai grossi muri
delle due torri. Poi mi rendo conto che tra le catene non è stata posta alcuna
asse di legno, ma solo una rete metallica a maglie larghe, cosicché il
deambulare sul ponte non solo impressiona per il movimento dondolante, ma anche
per la vista delle acque sottostanti. Sotto i piedi. Bello, glorioso,
affascinante.
La storia qui ha la sua importanza: Thangtong Gyalpo
(1385-1464) era un monaco originale, un santo taumaturgo tibetano che a tempo
perso si dilettava di architettura e meccanica, tanto che ebbe l’intuizione di
utilizzare delle catene di ferro per costruire ponti nelle valli bhutanesi. Ne
costruì otto. Ma aveva anche altri interessi, come fosse un esponente del
Rinascimento italiano, o come i monaci benedettini che coltivavano tutte le
arti: inventò l’Opera lirica tibetana, costruì monasteri, inventò nuove forme
di meditazione, ed ebbe pure delle capacità in campo agricolo…
E si capisce
così la fierezza di questo popolo mite, che fa proprio della mitezza la sua
forza. Protetto dalle montagne, privo di eccessivi interessi strategici,
scarsamente popolato, dalla sua riunificazione avvenuta nel 1639 ad opera di
Zhabdrung Ngawang Namgyal, il Bhutan ha potuto preservare le sue note
culturali, le sue inveterate tradizioni. Solo ora si trova ad affrontare la
sfida più grande, quella con la globalizzazione: deve mantenere, per vincere,
la solidità di questo ponte di ferro!
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