Viaggio in Nepal e Bhutan/6 - La fortificazione votiva di Paro dimostra come potenza ed eleganza possano convivere
Non è forse lo dzong
(fortificazione, tempio, monastero, amministrazione pubblica, rifugio e centro
commerciale nel contempo) più importante storicamente del Bhutan (Punakha è di
gran lunga il più antico e ricco di tradizione), né il più grande (quello della
capitale Thimphu, sede attuale dell’amministrazione del regno, è maestoso), ma certamente
è quello architettonicamente più apprezzato. Tanto che in esso Bernardo
Bertolucci volle girare numerose scene del suo Il piccolo Buddha. La storia: l’utse,
cioè la torre centrale, fu costruita nel 1649 dal primo governatore di Paro, il
penlop. Delle scale scendono al
monastero, sei metri più in basso rispetto alla parte amministrativa, in un
tripudio di legni colorati e pareti bianche, che trasmettono la sensazione di
potenza e di ricchezza. E talvolta di spiritualità.
Visito il Rinchen Pung Dzong – il cui nome significa “fortezza
edificata su un mucchio di gioielli” – venendo dal vicino tsechu, la festa più fantasiosa e fantasmagorica cui abbia mai
assistito in vita mia. Ho gli occhi pieni di colori, volti, movimenti, tamburi
e regine, folla bhutanese povera ma degna ed elegantissima, direi felice.
Mentre le danze continuano, lo dzong
è quasi deserto, la condizione forse migliore per poter apprezzare la purezza
delle sue linee architettoniche, i suoi possenti muri quasi imprendibili; le
preziose carpenterie decorate; il tempio ricco di statue buddhiche; i
camminatoi sospesi nei quali qualche silhouette di monaco riempie di
riconoscenza per la sua eleganza; gli affreschi curati nei dettagli come non
c’è eguale altrove nel mondo; le ruote della preghiera che, incastonate in
finestrelle decorate, paiono inviti all’orazione estetica; le scalinate di
pietra che cambiano di pendenza a seconda dell’uso che se ne deve fare – più
ripide se riservate al culto, meno se destinate all’amministrazione –; le ringhiere
lignee che riprendono le decorazioni delle finestre e delle porte, ma con
qualche auspicabile licenza; la larga striscia bordeaux che, posizionata poco
sotto il tetto e decorata con grandi soli dorati, indica che quello è un luogo
di culto; le soglie di ottone o di rame che ricoprono il legno nelle principali
entrate, tutte punteggiate delle naturali incertezze della deambulazione; le
scarpe abbandonate alla rinfusa all’ingresso del tempio principale; la purezza
delle linee, la perfezione delle dimensioni, l’equilibrio delle decorazioni né
eccessive né insufficienti, la maestria di certe soluzioni architettoniche…
Tutto ciò, e molto altro ancora, è il Rinchen Pung Dzong di Paro, capoluogo del
dipartimento più occidentale del Bhutan.
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