Viaggio in Kazakistan/5 - Sulle montagne del Tien Shan una stazione sciistica di grande prestigio
Raccontano che anche il presidente Nazarbayev tre o quattro volte all’anno venga da queste parti per cimentarsi nell’arte dello sci alpino, ma soprattutto per vedere a che punto è l’avanzamento dei lavori della maggiore stazione sciistica dell’immenso Kazakistan. Sì, perché non è certo un segreto quello che vede il Paese centrasiatico avere obiettivi alti, tra cui quello di portare Almaty, Medeu e Shimbulak congiuntamente a ottenere l’organizzazione di un’edizione dei Giochi olimpici invernali prima del 2050, orizzonte che il presidente dal pungo di ferro ha voluto dare ai suoi concittadini (il precedente, peraltro largamente disatteso nei suoi obiettivi, era il 2015).
Shymbulak in realtà è il quarto gradino della scala, gigantesca scala, che porta dalla steppa ai ghiacciai del Tien Shan, una delle più straordinarie catene montuose conosciute al mondo. Il primo è Almaty-1, la città vecchia, povera e piatta, che va da 100 a 500 metri; il secondo è Almaty-2, che cresce e s’arricchisce, che va dall’altezza di circa 500 metri del Parco Panfilov ai 1500 dei sobborghi residenziali più meridionali; il terzo è Medeu, l’originaria stazione invernale, tempio del pattinaggio su ghiaccio, che va dai 1500 ai 2000 metri; il quarto è, appunto, Shimbulak, che dai 2000 sale fino ai 2700 metri della sua terrazza panoramica. Gli altri gradini protesi verso le cime più alte dello Tien Shan sono di roccia e di ghiaccio.
Con gli amici mi accomodo sulla vasta terrazza di legno su cui sono distribuiti centinaia di tavolini gestiti da bar e ristoranti dai nomi italiani. La vista è d’alta montagna, con le consuete brutture delle stazioni sciistiche: skylift, cabinovie, pilastri d’acciaio, raschiature del manto erboso, percorsi e strade e mezzi meccanici. L’aria è fresca. Chi è venuto quassù non è sempre danaroso e non può permettersi un tavolino al bar, dieci euro. Così sbocconcella il suo panino portato da casa osservando le montagne o il falco che un kazako dai tratti mongoli, viene in effetti dall’Altai, “affitta” per cinque euro perché la gente possa farsi fotografare con un bestione da quindici chili appollaiato sul proprio avanbraccio, protetto comunque da un enorme e spesso guanto di cuoio.
Lascio per qualche momento la civiltà per cercare l’immersione nella natura. Bastano cinque minuti per superare un crinale e ritrovarmi nella più silenziosa e selvaggia natura del Tien Shan. E allora mi riconcilio persino con i vetero-comunisti al potere ad Astana: possono fare grandi danni alle persone e alle cose, ma alla fine l’immensa natura kazaka prende sempre e comunque il sopravvento. Almeno lo spero, per queste meravigliose montagne.
Raccontano che anche il presidente Nazarbayev tre o quattro volte all’anno venga da queste parti per cimentarsi nell’arte dello sci alpino, ma soprattutto per vedere a che punto è l’avanzamento dei lavori della maggiore stazione sciistica dell’immenso Kazakistan. Sì, perché non è certo un segreto quello che vede il Paese centrasiatico avere obiettivi alti, tra cui quello di portare Almaty, Medeu e Shimbulak congiuntamente a ottenere l’organizzazione di un’edizione dei Giochi olimpici invernali prima del 2050, orizzonte che il presidente dal pungo di ferro ha voluto dare ai suoi concittadini (il precedente, peraltro largamente disatteso nei suoi obiettivi, era il 2015).
Shymbulak in realtà è il quarto gradino della scala, gigantesca scala, che porta dalla steppa ai ghiacciai del Tien Shan, una delle più straordinarie catene montuose conosciute al mondo. Il primo è Almaty-1, la città vecchia, povera e piatta, che va da 100 a 500 metri; il secondo è Almaty-2, che cresce e s’arricchisce, che va dall’altezza di circa 500 metri del Parco Panfilov ai 1500 dei sobborghi residenziali più meridionali; il terzo è Medeu, l’originaria stazione invernale, tempio del pattinaggio su ghiaccio, che va dai 1500 ai 2000 metri; il quarto è, appunto, Shimbulak, che dai 2000 sale fino ai 2700 metri della sua terrazza panoramica. Gli altri gradini protesi verso le cime più alte dello Tien Shan sono di roccia e di ghiaccio.
Con gli amici mi accomodo sulla vasta terrazza di legno su cui sono distribuiti centinaia di tavolini gestiti da bar e ristoranti dai nomi italiani. La vista è d’alta montagna, con le consuete brutture delle stazioni sciistiche: skylift, cabinovie, pilastri d’acciaio, raschiature del manto erboso, percorsi e strade e mezzi meccanici. L’aria è fresca. Chi è venuto quassù non è sempre danaroso e non può permettersi un tavolino al bar, dieci euro. Così sbocconcella il suo panino portato da casa osservando le montagne o il falco che un kazako dai tratti mongoli, viene in effetti dall’Altai, “affitta” per cinque euro perché la gente possa farsi fotografare con un bestione da quindici chili appollaiato sul proprio avanbraccio, protetto comunque da un enorme e spesso guanto di cuoio.
Lascio per qualche momento la civiltà per cercare l’immersione nella natura. Bastano cinque minuti per superare un crinale e ritrovarmi nella più silenziosa e selvaggia natura del Tien Shan. E allora mi riconcilio persino con i vetero-comunisti al potere ad Astana: possono fare grandi danni alle persone e alle cose, ma alla fine l’immensa natura kazaka prende sempre e comunque il sopravvento. Almeno lo spero, per queste meravigliose montagne.
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