Lo sbarco a Zanzibar è colorato. Non tanto per il paesaggio – scende la sera e le nuvole oscurano il sole –, quanto per il "paesaggio umano". Dopo un avvicinamento in fondo rapido, che evidenzia subito la fantastica commistione di stili di quest'isola, vera "porta all'Africa" per subcontinente indiano e penisola arabica, lo sbarco sembra svolgersi senza grandi problemi,. Ma una volta scesi sulle passerelle galleggianti del porto, tre grossi gradini inchiavardati, tutto pare bloccato per non si sa quale motivo. Che ben presto si svela: forse per un errore del personale, le ondate di coloro che s'imbarcano e di coloro che invece sbarcano vengono convogliate sullo stesso percorso, creando uan confusione difficilmente descrivibile.
Mentre noi poveri cristiani (e poveri musulmani, ovviamente) veniamo stritolati dalla calca, sulle nostre teste i trasportatori, veri padroni dei porti di questi meridiani, fanno passare sacchi di riso da 50 chili, balle di chissà quale cereale di un metro per due, valige che per sollevarle servirebbe un argano... E ci passano pure degli infanti, alcuni divertiti matti, altri terrorizzati da una tale follia. Il gioco dura una buona mezz'ora, finché qualcuno non intuisce che si è aperto non si sa come un varco nella banchina. E allora, tutti contenti.
Nella calca, però, ho l'occasione di far conoscenza con alcuni compagni d'avventura, chiamiamoli così, come una donna sulla cinquantina che si serve di una stampella e che perciò ha bisogno di aiuto: è velata, ma non esita ad appoggiarsi, diciamo “comodamente”, sul mio braccio e sulla mia spalla. Vive a Nairobi, è divorziata, con un figlio a Washington e una a Zanzibar, che viene per abbracciare. La donna è nata a Zanzibar da madre indiana e padre indigeno. Commercia in tessuti, ha una discreta fortuna. Crede nell'Islam più autentico, secondo lei quello che vuole gente morigerata ma libera. E poi c'è il vecchio saggio che ricorda i bei tempi «sottomessi» della colonizzazione britannica e gli altrettanto bei tempi ma «orgogliosi» di Julius Nyerere (no, non è una contraddizione), e che oggi attacca la corruzione imperante che sta travolgendo la politica e la religione. Per finire, ecco il frugolino che mi prende per mano, così, spontaneamente, «perché sei così bianco!».
Benvenuti a Zanzibar!
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