giovedì 17 maggio 2012

Charleroi, il cui nome è un'icona pop


La città belga è nota da qualche tempo per il suo aeroporto. Ma è anche di più. 

Un’icona del low cost, è Charleroi. Belgio profondo. Piatto. Una città poco coniosciuta in Europa prima dell’avvento delle compagnie aeree economiche, a basso costo, Charleroi orà è conosciuta come fosse una semplice periferia di Bruxelles. Il suo aeroporto ha in effetti preso il nome di Charleroi-Bruxelles Sud. Eppure, sin dal suo nome, la città racconta una lunga storia: già dalla preistoria arrivano tracce di attività metallurgiche e commerciali lungo il fiume Sambre. E edifici pubblici, templi e ville risalgono all’epoca romana. La prima menzione scritta el luogo “Charnoy” è delò IX secolo, nell'abbazia di Lobbes. Nel Medioevo era solo un borgo di 50 abitanti, mentre la storia della città di Charleroi ha inizio nel 1666, quando fu costruita da Francisco Castel Rodrigo, governatore dei Paesi Bassi al servizio di Carlo II di Spagna una fortezza nei pressi del Sambre. Nome cambiato: Charles-Roy. Nella rivoluzione industriale dal 1850 e 1860 conobbe scioperi e scontri: nel 1886, dodici scioperanti sono furono uccisi dall'esercito belga. L’inizio di un’epica storia sindacale, che coinvolgerà soprattutto i minatori della regione. In declino dopo la Seconda guerra mondiale, per il declino dell’industria pesante, ora sembra rinascere per l’industria leggerissima del low cost. Meno interessante della storia è l’abitato attuale, salvo la torre del comune, il beffroy, che è stato inserito dall’Unesco nella lista dei siti Patrimonio dell’umanità.
Si scivola da Bruxelles verso Charleroi per il piatto Paese, autostrade tutte perfette e tutte uguali, verdi in questa verde primavera di vegetazione ancora giovane, perché contenuta dalle rigide temperature degli inverni locali. Campagne pettinate, punteggiate da fattorie che paiono troppo piccole per il paesaggio (e per le pale eoliche), e troppo grandi per la fauna umana, e per quella animale. Impercettibilmente la densità degli alberi diminuisce e cresce quella dei mattoni rossi impilati a formar edifici, lentamente. Fino a giungere alle periferie sempre uguali di palazzoni anonimi o di villette monofamiliare, sogno e dannazione di vite troppo spesso fatte con lo stampino, senza quei guizzi che denotano l’umanità che vive. Con l’intromissione di fabbriche, fabbrichette e stabilimenti e hangar e depositi che non contribuiscono certo a rendere più gradevole l’abitato. Ai rond point la monotonia dell’habitat pare una condanna. Charleroi, alla fine, pare un aeroporto con tutt’attorno un po’ dio vita sociale. E birra. E salsicce. E frites. Low cost.

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