Una visita che incanta per la sua bellezza, ma ancor più per i suoi tesori umanistici.
Di città come Faenza in Italia se ne contano centinaia.
Città che hanno il loro pittoresco centro storico medievale, la loro Piazza dei
martiri, il loro palazzo signorile, il loggione di turno, la loro cattedrale
con tanto di scalinate di marmo, le loro collegiate, i loro merli, le fontane e
le pinacoteche con cento dipinti d’epoche diverse, il loro artigianato delle
ceramiche e dei pizzi, il loro vino o vinello. E altro ancora, e non è mai
finita. Ogni artifizio tecnologico viene inventato da queste parti, nelle mille
e mille fabbrichette che attorniano il centro storico.
Capito a Faenza che la primavera gioca lo scherzo di
dimenticarsi che di domenica è d’uopo che il sole splenda e che le ragazze
possano uscire con i loro vetsitini corti e i ragazzi mostrino il loro ultimo
tatuaggio sui bicipiti. Capito a Faenza che piove e tira vento, e l’umidità
arriccia le pagine del mio taccuino, e i bar sono tutti chiusi, o quasi. Sotto
la loggia del Palazzo del Popolo, di manfrediana memoria, un coktail bar
all’aperto m’accoglie col suo glamour di plastica e la sua musica troppo grounge per essere credibile. Ma non ho
scelta, non ho nemmeno la chiave del mio alloggio. Scrivo per non soccombere
allo sconforto.
Ho passeggiato per un’ora per una Faenza scurita dal cielo
plumbeo. Nessun’anima vivente per le vie, un cane, due gatti, tavolini deserti
e lontane musiche da cardiopalmo. Ingurgito brandelli di storia: Faenza, di
origini romane, ha brillato soprattutto nel periodo rinascimentale per la
produzione di oggetti in ceramica, di squisita fattura, esportati in molti
Paesi europei. Il toponimo stesso è diventato sinonimo di ceramica (maiolica)
in molte lingue, tra cui il francese (faïance)
e l'inglese (faience). La città fiorì
notevolmente, a partire dalla seconda metà del I secolo d. C., per la sua
vocazione agricola e lo sviluppo di attività industriali quali la produzione di
oggetti d'uso in ceramica, laterizi, e tessili in lino. Dopo un periodo di
decadenza che dal II secolo si protrasse fino al primo Medioevo, ritrovò la
prosperità a partire dall'VIII secolo. Intorno al Mille, con il governo dei
Vescovi, e successivamente nell'età comunale, visse un lungo momento di
ricchezza ed espansione edilizia che avrebbe raggiunto il suo culmine nell'età
della signoria dei Manfredi. Con il governo di Carlo II Manfredi, nella seconda
metà del XV secolo, venne infatti realizzato il piano di rinnovamento
urbanistico del centro cittadino. Dopo un breve dominio veneziano, Faenza entrò
a far parte dello Stato della Chiesa fino al 1859.
Mi riconcilio con Faenza e col suo tempo in una visita alla
Cattedrale, dove doveva arrivare una processione, ma il cattivo meteo ne ha
impedito lo svolgimento. E allora visito le cappelle e siedo nei banchi lignei.
Una tomba, un corpicino rivestito di rosso attira la mia attenzione: è il
sacrario di San Pier Damiani, illustre santo e teologo medievale, che morì qui
a Faenza, in viaggio, pur essendo ravennate. E allora diventa ricca e doverosamente
da rispettare la bella Faenza, nonostante la pioggia eil vento.
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