Visita sotto la pioggia in uno dei maggiori centri di pellegrinaggio al mondo. L'oro e la fiamma.
Piove a dirotto. Il cielo lacrima senza pietà. I
pellegrini battono i denti, cercano riparo sotto i portici, nei bar, negli
alberghi. Paiono smarriti, desiderando solo raggiungere il luogo dove è sepolto
San Pio, che però si fa fatica a chiamare così. Rimane Padre Pio, per tutti o
quasi. Anch’io percorro il mio breve calvario sotto la pioggia, partendo dalla
vecchia chiesa, quella ancora fissa nell’immaginario collettivo dei fedeli,
quella dove tanti pellegrini ritengono che ancora sia conservato il corpo del
santo di Pietralcina. Qui c’è il fascino del vuoto, ormai.
Ma bisogna salire
alla nuova basilica per trovare il corpo dell’uomo dalle stimmate aperte, la
nuova e controversa chiesa edificata dal grande architetto Renzo Piano. Non a
tutti piace, è ovvio. Personalmente, invece, la trovo particolarmente efficace
e bella, costruita com’è con la bianca e porosa pietra d’Apicena, ai piedi del
Gargano e al confine col Tavoliere. Il piazzale è imperioso e familiare nel
contempo, con quegli ulivi che paiono rametti della Domenica delle Palme
sventolati nel vento e nella pioggia di un mondo ostile. La basilica superiore
è pura arte moderna, può piacere o non piacere, ma resta un capolavoro di linee
e spazi e vuoti e pieni.
Scendere alla cripta per la rampa dai lunghissimi gradini
quasi appiattiti è esperienza di segretezza e di nascondimento, nonostante si
sia accompagnati dai mosaici di Marko Ivan Rupnik, il gesuita artista che fa
dell’oro e del rosso il trionfo dello Spirito su questa terra. Ed è un progressivo
penetrare in questo mistero, fino all’apoteosi della sala dove riposa Padre
Pio, tutta oro e fiamma, quasi un enorme abisso di luce e bellezza. Ringrazio il
santo di Pietralcina per avermi consentito di essere al mondo. Una vecchia
storia paterna…
Nessun commento:
Posta un commento