giovedì 26 settembre 2013

Mercado del Puerto (Montevideo), la complicità del filetto



Viaggio in America Latina/5 - La saggezza laica degli uruguayani e i suoi luoghi di complicità

Primo atto del mio breve soggiorno in Uruguay, a Montevideo, non poteva che essere un pranzo di carne al Mercado del Puerto, una struttura metallica, un hangar o piuttosto una stazione, a metà tra lo stile vittoriano delle stazioni ferroviarie londinesi e i mercati parigini alla Eiffell, inaugurato nel 1686, con materiale forgiato a Liverpool. Sotto l’ampio padiglione, si trovano bancarelle di varie mercanzie, ma soprattutto ristoranti di carne, che offrono le loro pietanze innaffiate con i buoni vini locali, che ancora non possono far concorrenza a quelli argentini o cileni, ma che comunque hanno un livello discreto. L’assado che ci viene offerto è gustosissimo, direi quasi troppo, dalle animelle al filetto, dalle salsicce alla pajata, che qui viene avvolta nel reticolo della trippa, al pollo che pare essere sempre cresciuto in ambiente rustico e non in allevamento. L’ambiente è scuro, volutamente credo, coi tavolini dei ristoranti che occupano praticamente tutte le superfici disponibili, mentre i camerieri – curioso, in massima parte sono già avanti negli anni – ti invitano a scegliere il proprio locale, ma con una certa reticenza, nel senso che invitano senza infastidire con la loro insistenza, come accade nel resto del mondo. Ho l’impressione che la gente qui abbia un modo di vivere radicalmente diverso da quello del resto del Sud America, certamente europeo nei fondamenti, ma attraversato da una serie di contaminazioni culturali indigene o africane che debbono essere investigate per meglio capire questo Paese. I fuochi di legno, dai quali si ricavano le braci che servono per cucinare la carne, brillano in ogni ristornate, ben in vista, quasi un marchio di qualità, un modo per affermare la grande qualità della carne locale, visto che le mucche uruguayane non vengono nutrite né con mangimi industriali né con foraggi specifici, ma solo con l’erba che naturalmente cresce nei prati. Qua e là qualche testa di animale impagliata spiega dove siamo, se ancora ce ne fosse bisogno, mentre i locali fanno a gara a mettere in mostra antichi strumenti del lavoro, da quello agricolo all’allevamento, alla macelleria. Spesso i ristoranti distribuiscono i propri tavolini su due livelli, su mezzanini di legno raggiungibili con scale ripide sempre di legno scuro – tutto è scuro. Un’atmosfera che invita all’amicizia, alla confidenza, alla ricerca di accordi, alla semplice condivisione. In Uruguay, Paese dove la cultura individualista è molto più in auge rispetto agli altri Paesi sudamericani, c’è bisogno di luoghi di complicità. Magari attorno a un filetto.

Nessun commento: