Diario da Piazza Maidan/3 - La calma del centro di Kiev viene scosso dalle notizie inquietanti provenienti dalla Crimea. Le opinioni sono diverse, ma la speranza di una Ucraina libera e indipendente non cessano.
Giornata di lavoro e speranza a piazza Maidan. Con un
appello lanciato attraverso i social network, la popolazione s’è messa a
ripulire sia il grande parco dinanzi al Parlamento, dove erano stazionati i
supporter del presidente Yanukovich, sia la stessa piazza Maidan e dintorni. Uomini,
donne, anziani e bambini si sono impegnati a fondo per cancellare le tracce
della lunga battaglia di Kiev. Le barricate non sono state rimosse, ma il
terreno è stato ripulito, anche se il lastricato ormai è stato divelto. Una
giornata trascorsa ad inseguire le notizie provenienti dalla Crimea, che la
gente ha seguito minuto per minuto dai loro smartphone, sui tablet o sui grandi
schermi di piazza Maidan, vero luogo di dialogo e dibattito politico. Un po’
incredula, ma comunque decisa, la piazza s’è ritrovata ferita anche per la
coscienza di una certa ingenuità che forse ha accompagnato gli ultimi sviluppi
della “rivoluzione della dignità”. Come pensare che la Russia avrebbe accettato un
governo sostanzialmente anti-russo? Come avrebbe accettato la destituzione di
Yanukovich? Ora la diplomazia è al lavoro: si spera nella mediazione dell’Unione
europea e dell’Onu, anche se non ci si fanno soverchie illusioni.
L’ambasciatore Fabrizio Romano, da me incontrato, sostiene
che bisogna aspettare ancora qualche ora, o piuttosto qualche giorno, per
capire che piega prenderanno gli eventi in Crimea, ma soprattutto se la
contestazione al nuovo governo dovesse prendere piede nella parte orientale del
Paese. Non è della stessa opinione il professor Kyryluk, docente di dottrine
politiche all’Università Taras Shevchenko di Kiev, che vede nella protesta di piazza Maidan un
punto di non ritorno e una speranza che non può essere tradita dalla comunità
internazionale. «Non bastano 3000 filo-russi che manifestano nelle città dell’Est
per dire che la popolazione si sta sollevando». Certo è che la situazione è
grave, e si ha la coscienza, forse ancor più di ieri, che in questa
piazza-simbolo si sta giocando in qualche modo il futuro dell’Europa. La crisi
diplomatica internazionale è gravissima, e coinvolge ovviamente anche gli Stati
Uniti, assai implicati nella vicenda ucraina nonostante le smentite che
arrivano da Oltreoceano.
Ma la gente di Maidan resta nel cuore, coi suoi lumini e i
suoi fiori. La gente normale, quella che oggi, a centinaia di migliaia, ha
voluto vedere i luoghi del martirio di un centinaio dei suoi figli. È per
questa gente che l’Europa deve intervenire. Con la diplomazia. Le armi hanno
fatto il loro tempo nella soluzione dei conflitti. «Possibile che non si possa
immaginare una Ucraina che non sia né russa né americana, ma solamente sé
stessa?», mi dice una delle dottoresse che da una settimana si sta prodigando
per curare feriti e malati di piazza Maidan, nell’ospedale da campo improvvisato
nell’Hotel Ucraina che domina la piazza Indipendenza. La vicenda non è finita
qui. Nella piazza i preti e i pope di diverse Chiese continuano a pregare
assieme alla gente.
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