Bassa Val Badia/4 - Passaggio tra Marebbe e Valparola, valli che incantano per la loro semplice bellezza
C’è
poco di interessante al Passo del Furcia, il valico che separa la valle di
Marebbe dalla Valparola. In fondo, nient’altro che due modeste diramazioni
della Val Badia e della Val Pusteria: qualche albergo, un laghetto artificiale
mezzo vuoto, qualche ruspa che scava l’ennesima stazione per risalite
meccaniche. E molte indicazioni di sentieri. È questa la ricchezza di un passo,
cioè di un passaggio che esiste proprio in quanto non esiste, in quanto serve,
si offre. Un luogo che da un lato, verso il Plan de Corones, offre il meglio in
quanto a risalite invernali, mentre d’estate risulta un orrido luogo
cementificato; dall’altro, invece, verso il Piz de Perez, 2507 metri d’altezza, presenta
tipiche conformazioni dolomitiche in tutta la loro bellezza e anche, in scala
ridotta, possanza.
Scelgo
ovviamente di salire verso la natura incontaminata, o quasi, attraversando un
bosco che, la mattina presto, pare un ricettacolo di fate e di misteriose
creature della foresta. Salgo circuendo la bella cima del Piz de Peres, che
dalla mia finestra di Rina ho costantemente dinanzi a me, come un sogno, una
prospettiva, un quadro. Oggi è realtà. Tra canaloni di ghiaia che franano ad
ogni passo e un delizioso declivio erboso sulla sommità, si giunge a quel luogo
sempre mitico che è la cima. Lo sguardo allora si sazia di ogni creazione
montana e silvana, con il solo imbarazzo della scelta, che spazia dalle
montagne austriache all’Ortles e al Cevedale, e a tutte le Dolomiti, o quasi.
Ma
lo sguardo va rivolto anche verso il basso, verso le valli, il verde, la terra,
verso la bellezza forse meno stupefacente delle rocce e delle cime, ma certo
più accessibile e dolce. La
Valparola appare allora non solo un piccolo paradiso
terrestre, punteggiata com’è da masi e alpeggi, case bianche di calce e brune
di legno, ma un luogo di tregua, di pacificazione, per via del suo carattere
chiuso e aperto nel contempo – il Passo del Furcia non è una gran via d’uscita,
è piuttosto un tappo. E il Marebbe, il Mareo in ladino, vallata d’incanto attorno
a quel San Vigilio che laggiù pare una sentinella in attesa dell’esercito. Scendendo
i crinali della valle ammiro il legno antico e le pietre ben disposte, i prati
baciati dal sole e i ciuffi boscosi pettinati, in un ordine che pare sfiorare
la pura bellezza.
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