Quando un luogo sacro spalanca valli e monti e orizzonti.
Padre Egidio, un amico frate francescano al Sacro Convento
di Assisi, quello che pare sostenere con i suoi massicci e leggeri bastioni la
basilica di San Francesco, m’invita a trascorrere un fine settimana nel simbolo
stesso di una delle maggiori tradizioni spirituali del mondo intero, non solo
dell’Italia. Non a caso è proprio qui che, al cuore di “sorella povertà”, si
tengono i più grandi e riusciti appuntamenti della galassia del dialogo
interreligioso. Ed è sempre qui che milioni di persone ogni anno formulano
propositi edificanti, per sé e per il convivere civile e sociale. Fatto sta che
mi offrono una stanza nell’estremo limite occidentale del palazzo-convento,
proprio a ridosso degli appartamenti papali – questo in origine era un palazzo
pontificio, di cui ha conservato tra l’altro l’extraterritorialità. La camera è
ricavata sotto volte medievali, si parla del 1300, in modo un po’ barbaro ma
suggestivo, aperta, anzi spalancata sulla valle d’Assisi, che va da Perugia a
Foligno. Vista sconfinata, sospeso sulla creazione, oltre ogni possibile
confine umano e spirituale. Il caldo scompare, spazzato all’apertura della
finestra-vetrata ad arco da uno straordinario profumo di erba e santità, di
storia e di bellezza. Prendo una sedia, la sistemo dinanzi alla finestra e mi
siedo, respiro e mi apro, mi spalanco nell’anima, nel corpo, nello spirito, in
tutto, proprio in tutto. Non serve yoga, non servono adorazioni senza fine,
nemmeno tecniche ascetiche di concentrazione: basta lo zefiro leggero che sale
dalla valle santa. E così entro in comunione progressiva con la natura, anche
con coloro che hanno abitato sotto queste volte. Me li immagino, ad uno ad uno,
compaiono spontaneamente al proscenio della mia memoria (prodigiosa, solo ora)
occupando le stanze della mia anima con dolcezza e intransigenza: «Tu sei qui
perché tanti prima di te hanno dimorato sotto queste antiche volte. Non
prenderti tutto il merito, anzi nemmeno un po’».
Esco dalla mia cella, scendo una dozzina di gradini che
paiono riassumere in sé, concentrandoli, i secoli che hanno vissuto sotto
questa stella francescana: il secolo lungo e quello breve, quello senza fine e
quello tormentato, quello scosceso e quello incerto… Tutta la storia
francescana, e non solo, in pochi gradini! Che si elidono nella straordinaria
deambulazione sotto gli archi aperti che percorrono l’intero Sacro Convento da
Oriente ad Occidente e viceversa, aprendo squarci di senso e di bellezza che mi
fanno dire: «Qui si dimora», cioè si resta, senza soluzione di continuità. È il
miracolo della mutua in abitazione, forse.
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