Bassa Val Badia/9 - Centro culturale della ladinità, la cittadina di 1700 abitanti occupa una posizione strategica nella valle.
È inutile cercare di condensare in
una formula l’equilibrio tra le aspirazioni umane e la concessione divina, cioè
tra la potenza e la grazia. In ogni campo dell’agire umano si vorrebbe catturare la giusta alchimia ma
invano, ovviamente. Resta solo la possibilità, la ventura direi, di capitare in
luoghi dove tale equilibrio è stato raggiunto, forse solo per un caso, o per
elezione. Uno di questi, totalmente inatteso, è San Martino di Badia, vera plaque tournante, crocevia della Badia,
snodo tra la parte bassa e quella alta.
La grazia sta nella sua posizione
incantevole, tra un salto che la separa da Badia, e una gola che s’interpone
verso il Marebbe. Sta nella sua chiesa, tipica della valle, nulla di
particolarmente interessante, inserita perfettamente nel contesto abitativo,
nulla più d’un coronamento, nulla meno che un incastramento riuscito. La
grazia, ancora, sta nello straordinario cono verde che sormonta l’abitato,
verde di bosco e di prato, verde d’umidità e di perizia contadina.
La potenza sta nell’ergersi al
centro della valle come una sentinella – i romani vi si erano già insediati,
avendo studiato la posizione strategica del sito –, o forse come una pietra
miliare atta ad indicare la direzione, ma anche lo stazionamento, la posizione
d’eccellenza topografica. La potenza sta pure, ovviamente, nel castello, nel
bastione, nel maniero, nella fortezza che fornisce al cono rovesciato verde una
punta di pietra.
Salire il cono rovesciato non è
impresa da alpinista ma da speleologo. Della civiltà. Perché l’avvicinamento al
castello fa discendere nelle profondità dell’animo umano. Ecco, per capire i
ladini bisogna salire, ascendere verso la cima della montagna, ma ancor più
verso il cielo. Di aria di nuvole di nulla di tutto. E poco importa che ad
additare il cielo al viandante sia il tetto a guglia della torre maestra del
castello, qualcosa che di più terreno non si possa immaginare. Pietra e legno,
legno e pietra.
Il castello di San Martino – Ciastel
de Tor – ospita un bel museo della ladinità.
Tutto funziona come un orologio svizzero (non so se quest’espressione possa sembrava
irriverente!), l’estetica ha la sua parte, la regia pure. Ma il vero fulcro, la
quintessenza della visita si manifesta solo nel salire i gradini lignei (triangoli
di legno inchiodati ad assi retrattili) della torre, che portano su, più su ancora.
E nella solitaria stanza sommitale appare la vera ladinità sotto forma di
verde, il colore dei prati e dei boschi, e il grigio rosato delle rocce.
Che poi il museo spieghi tante cose
della storia e degli usi e costumi ladini – storia, tradizioni, agricoltura e
silvicoltura… –, beh, questa è solo una conferma di quanto si prova salendo. Al
castello, nel castello e anche oltre.
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