mercoledì 24 giugno 2015

Le spiagge di Zanzibar

Viaggio in Tanzania e Kenya/3 - Nell'arcipelago di fronte a Dar es Salaam la sabbia bianchissima e il mare blu ispirano sentimenti risolutivi

Le spiaggie di Zanzibar sono una prova dell'esistenza di Dio. Per tre ragioni, a mio modesto modo di vedere.
 

Primo, perché la sabbia delle spiagge è così bianca e immacolata che mi dico che Iddio voleva lasciare sulla terra il colore-base per il Pantone, il bianco-zero in cui ogni altra tonalità troverebbe il suo standard di riferimento.
 

Secondo, perché stando sul bordo di un tal mare, all'ombra di una palma, sorpendo magari una fresca e buona bibita, osservando le onde dell'oceano che si infrangono mollemente sulla rena e facendo vagare lo sguardo sulle trasparenze alla ricerc a di qualche pescetto... il tempo non corre più come in città, come al lavoro, e s'immobilizza nel perfetto dinamismo della bellezza.
 

Terzo, perché il cervello dinanzi a un tale spettacolo comincia a ragionare in modo più completo, meno monolitico, meno monotono, usando sia dell'emisfero delle emozioni che di quello della ragione, suggerendo soluzioni ai problemi personali e a quelli dell'umanità che paiono non solo credibili ma anche evidenti. 

Ed in tale giustizia distributiva della conoscenza non ci si interroga più ma si ragiona nel modo dell'amore, che è e non è, che è uno ed è molteplice, che vive dell'amore stesso che le cose e le persone (anche quelle divine, soprattutto quelle) sanno manifestare.

martedì 16 giugno 2015

La calca al porto di Zanzibar


Viaggio in Tanzania e Kenya/2 - Arrivando nella "metà" della Tanzania, arcipelago musulmano dalla ricca tradizione e turistico

Lo sbarco a Zanzibar è colorato. Non tanto per il paesaggio – scende la sera e le nuvole oscurano il sole –, quanto per il "paesaggio umano". Dopo un avvicinamento in fondo rapido, che evidenzia subito la fantastica commistione di stili di quest'isola, vera "porta all'Africa" per subcontinente indiano e penisola arabica, lo sbarco sembra svolgersi senza grandi problemi,. Ma una volta scesi sulle passerelle galleggianti del porto, tre grossi gradini inchiavardati, tutto pare bloccato per non si sa quale motivo. Che ben presto si svela: forse per un errore del personale, le ondate di coloro che s'imbarcano e di coloro che invece sbarcano vengono convogliate sullo stesso percorso, creando uan confusione difficilmente descrivibile.
Mentre noi poveri cristiani (e poveri musulmani, ovviamente) veniamo stritolati dalla calca, sulle nostre teste i trasportatori, veri padroni dei porti di questi meridiani, fanno passare sacchi di riso da 50 chili, balle di chissà quale cereale di un metro per due, valige che per sollevarle servirebbe un argano... E ci passano pure degli infanti, alcuni divertiti matti, altri terrorizzati da una tale follia. Il gioco dura una buona mezz'ora, finché qualcuno non intuisce che si è aperto non si sa come un varco nella banchina. E allora, tutti contenti.
Nella calca, però, ho l'occasione di far conoscenza con alcuni compagni d'avventura, chiamiamoli così, come una donna sulla cinquantina che si serve di una stampella e che perciò ha bisogno di aiuto: è velata, ma non esita ad appoggiarsi, diciamo “comodamente”, sul mio braccio e sulla mia spalla. Vive a Nairobi, è divorziata, con un figlio a Washington e una a Zanzibar, che viene per abbracciare. La donna è nata a Zanzibar da madre indiana e padre indigeno. Commercia in tessuti, ha una discreta fortuna. Crede nell'Islam più autentico, secondo lei quello che vuole gente morigerata ma libera. E poi c'è il vecchio saggio che ricorda i bei tempi «sottomessi» della colonizzazione britannica e gli altrettanto bei tempi ma «orgogliosi» di Julius Nyerere (no, non è una contraddizione), e che oggi attacca la corruzione imperante che sta travolgendo la politica e la religione. Per finire, ecco il frugolino che mi prende per mano, così, spontaneamente, «perché sei così bianco!».
Benvenuti a Zanzibar!

martedì 9 giugno 2015

Il mercato della verdura di tutti i colori

Viaggio in Tanzania e Kenya/1 - Dar es Salaam è come uno specchio della natura benevola e conciliante dei suoi abitanti. Nonostante la vivacità indiscutibile...

Il luogo che più mi prende nel cuore e negli occhi è guarda caso il mercato. Si estende per una ventina di isolati, con le strade che fungono da corridoi del mercato a cielo aperto e da luoghi di trasporto, da banchi per le contrattazioni (obbligatorie!) e da deposito provvisorio delle mercanzie. È facile immaginare il caos del traffico che pur tuttavia alla fine trova sempre una soluzione alle situazioni più ingarbugliate. Tocca stare in campana, come in ogni mercato del mondo d'altronde, ma alla fine debbo dire che il clima generale del mercato è tranquillo e quasi sereno, o perlomeno non preoccupante come in altri Paesi.
Straordinario è il mercato della frutta e verdura, un trionfo dei cinque sensi, soprattutto direi dell'odorato, per le profumazioni straordinarie della frutta locale. Anche se a competere con gli odori ci sono i colori, infiammati nella produzione agricola così come nelle vesti delle donne, mentre gli abiti maschili sono il più delle volte tristi e scontati. Osservo a lungo le contrattazioni che seguono rituali precisi – più resisti, più i prezzi si abbassano –, ma con un ampio spazio lasciato all'inventiva, e talvolta anche alla genialità, dei singoli.
Compro una bottiglietta d'acqua pagando pochi centesimi con un biglietto abbondante. Il giovane che mi ha venduto la bibita scompare, penso per godersi il "di più" che gli ho lasciato. E invece torna un paio di minuti più tardi con il resto al centesimo. Ha un sorriso che dice grandezza d'animo e onestà. In lui oso riassumere la bellezza di Dar es Salaam, che è bella non nelle sue pietre ma nella sua gente.
Mi fa ridere poco più tardi – o piuttosto piangere – passare dinanzi al vicino New Africa Hotel, l'albergo più esclusivo di Dar es Salaam, dove un caffè costa la bellezza di 10 mila scellini, cifra con la quale una famiglia mangia per un'intera settimana.