venerdì 24 luglio 2015

Kilimanjaro, colui che sta

Viaggio in Kenya e Tanzania/5 - Sorvolando con l'aereo la cima più alta dell'intera Africa.

Avrei voluto ma... non ne avevo il tempo, non avevo le forze fisiche necessarie, e forse non avevo nemmeno la voglia di spendere 2000 euro per foterlo violare. Il Kilimanjaro non ho potuto avvicinarlo, né tantomeno raggiungerne la cima. Qualcosa che rimane nel cuore come una mancanza, come un'occasione mancata, come un sogno rimasto tale. Non mi resta che leggere le mie guide: 5896 metri, la più alta cima del continente africano, uno tra i dieci vulcani più alti del mondo, un massiccio isolato, non parte di una catena montuosa ma espressione di sé stesso, tre cime sommitali, una calotta nevosa che ha perso l'80 per cento della sua superficie negli ultimi cinquant'anni...

Non ci pensavo più, quando ho prso l'aereo da Dar es Salaam la calda per atterrare a Nairobi la fresca. Un'ora di volo, nulla di speciale. Salvo che a un certo punto il pilota si premura di avvisare la gentile clientela che sulla sinistra dell'aeromobile apparirà tra pochi istanti lui, il sogno, il grande fratello, la «chiara coscienza divina» per tanti masai e per altre genti dell'Est dell'Africa. E mi trovo proprio dal lato giusto e la visibilità s'è d'improvviso fatta eccellente dopo mezz'ora di nubi e tappeti di cotone idrofilo sparsi sulla Tanzania. E allora osservo poco alla volta apparire la sagoma imponente del Kilimanjaro, che svetta come un'evidenza, come un'escrescenza della Terra, come un'elezione. Sta. Sale imperioso per poi verso la cima proporre un altipiano che non è tale, ma che appare tale nonostante sia costruito da tre vette principali e altre secondarie. Sì, c'era la neve una volta, ora c'è solo un residuo di nevaio che potrebbe essere un'icona del bianco Kilimanjaro che si ricordava decenni addietro. Ma intanto mi godo la vista, che se ne va, della Montagna dell'Africa.

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