martedì 14 maggio 2013

La Città Nuova di Rodi, il lato bello del ventennio

Viaggio nell'isola di Rodi/6 - Ovvero, della capacità tutta italiana di stupire

Di fronte alla magnificenza offerta dalla città di Rodi, non sono nemmeno tentato di visitare la Nuova Rodi, quella che il Fascio edificò a partire dagli anni Venti con profusione di mezzi e di ingegno, per un’avventura coloniale che non fu drammatica e spietata come altre, Francia e Inghilterra in testa, ma che comunque ebbe i suoi traumi. Certo, in giro per l’isola quando accenno al fatto che sono italiano la gente s’illumina, letteralmente, e si apre con trasporto e sincerità. Evidentemente qui i coloni hanno mostrato i lati più gradevoli e apprezzabili della nostra italica natura. La generosità, la magnanimità, la condivisione. E così, complice un cambiamento di programma, mi ritrovo a trascorrere un paio d’ore battute da un impetuoso vento del Nord attorno al porto di Mandráki, costruito in prolungamento del vecchio porto di Rodi. E passo di sorpresa in sorpresa, veramente, scoprendo che talvolta anche il nuovo, o perlomeno il moderno o il recente, fanno strabuzzare gli occhi e sobbalzare il cuore.
A cominciare dalla Néa Agorá, che maestosa segna la fine delle antichità (la celebre ed originalissima Porta San Paolo) e l’inizio della novità (o della modernità), offrendo accoglienza e non poca sicurezza ai tanti commerci della zona, protetti così dalle intemperie e dalle incursioni d’ogni genere grazie al suo gradevole ed alberato grande cortile. Continuando sul lungomare, si alternano edifici amministrativi sfacciatamente nei dettami del Littorio ed altri che invece integrano stili diversi in un neoclassicismo talvolta gradevole. Per giungere alla vasta chiesa già cattolica ed ora ortodossa dedicata a San Evangelísmos, dalle vigorose reminiscenze romaniche nel suo classico impiantito.
È proprio a quest’altezza che si ritiene – almeno secondo alcune teorie – che fosse situato il celeberrimo e misconosciuto Colosso di Rodi, una delle sette meraviglie del mondo, una statua del dio Elio eretta nel 292 a.C., ma rimasta in piedi solo 65 anni prima di essere distrutta da un terremoto. Ora, al posto dei piedi e dei polpacci della gigantesca statua, sono state erette dal Fascio due colonne – eleganti, non c’è che dire – che in coppa portano due copie uguali, bronzee, di un cervo, il simbolo di Rodi. Che si stagliano nitide sullo sfondo dei possenti bastioni della Fortezza di Ágios Nikólaos e dei tre (ex) mulini a vento cilindrici che segnano il passaggio tra i due porti della città.
Ma non è finita: si avanza evitando i flutti che invadono la sede stradale per fiancheggiare una costruzione che pare un Giano bifronte: dal lato marino sembra un palazzo della Serenissima, mentre dal lato della terraferma ammicca invece ad uno stile più rinascimentale. È il vecchio Palazzo Vescovile. E infine, a chiudere la prospettiva cittadina sul mare, ecco tre edifici uno più originale dell’altro, oggi locali alla moda: una sorta di Pantheon e due graziose basse costruzioni marinare, ingentilite  da frontoni decorati a stucchi. Poi il mare Egeo, e quindi lo Ionio, quindi l’Adriatico e infine l’Italia. Finché sono queste le tracce dell’italica cultura nel mondo c’è da star tranquilli. Anzi, c’è di che rallegrarsi!

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