venerdì 20 giugno 2014

Tamchhong Lhakhang, il tempio sopra il ponte



Viaggio in Nepal e Bhutan/7 - L'opera di un monaco famoso per le sue produzioni d'ingegneria

Di solito il ponte è un passaggio che porta alla meta. Ma quest’oggi mi rendo conto che ciò non è sempre vero. Bhutan, strada che conduce da Paro a Thimphu, seguendo il corso del fiume Paro Chhu: una strada in discesa, in una valle che si stringe sempre di più, arida e inospitale. D’improvviso scorgo il monastero Tamchhog Lhakhang, classica architettura bhutanese-tibetana, bianco e rosso porpora con medaglioni dorati, finestre di legno a piccole aperture decorate, grandi travi evidenti sopra le aperture. 

Edifici immacolati in mezzo all’aridità, come ancora di salvezza, rifugio, luogo di ritiro e meditazione. Poi lo sguardo scende a valle, un centinaio di metri di dislivello che portano lo sguardo verso il fiume incassato. E lì, ecco due torri che paiono monasteri e tra di esse un ponte ad arcata unica che pare fatto solo di preghiere buddhiste, tante sono le orazioni di tessuto che giocano al vento con fantasia estrema. Avvicinandomi, m’accorgo che il ponte è composto da cavi, anzi da catene – ne conterò nove – ancorate ai grossi muri delle due torri. Poi mi rendo conto che tra le catene non è stata posta alcuna asse di legno, ma solo una rete metallica a maglie larghe, cosicché il deambulare sul ponte non solo impressiona per il movimento dondolante, ma anche per la vista delle acque sottostanti. Sotto i piedi. Bello, glorioso, affascinante.

La storia qui ha la sua importanza: Thangtong Gyalpo (1385-1464) era un monaco originale, un santo taumaturgo tibetano che a tempo perso si dilettava di architettura e meccanica, tanto che ebbe l’intuizione di utilizzare delle catene di ferro per costruire ponti nelle valli bhutanesi. Ne costruì otto. Ma aveva anche altri interessi, come fosse un esponente del Rinascimento italiano, o come i monaci benedettini che coltivavano tutte le arti: inventò l’Opera lirica tibetana, costruì monasteri, inventò nuove forme di meditazione, ed ebbe pure delle capacità in campo agricolo… 

E si capisce così la fierezza di questo popolo mite, che fa proprio della mitezza la sua forza. Protetto dalle montagne, privo di eccessivi interessi strategici, scarsamente popolato, dalla sua riunificazione avvenuta nel 1639 ad opera di Zhabdrung Ngawang Namgyal, il Bhutan ha potuto preservare le sue note culturali, le sue inveterate tradizioni. Solo ora si trova ad affrontare la sfida più grande, quella con la globalizzazione: deve mantenere, per vincere, la solidità di questo ponte di ferro!

Nessun commento: