lunedì 23 giugno 2014

Dechen Phodrang, quando la religione è di Stato

Viaggio in Nepal e Bhutan/8 - Un monastero per monaci buddhisti "novizi", fiamme rosse nella montagna



A qualche chilometro dal centro di Thimphu, capitale dello stranissimo Stato del Bhutan, con una stupenda vista sul Trashi Chhoe Dzong e sul palazzo del re, oltre che sulla nuovissima sede dell’Alta corte di giustizia, si erge un antico monastero che dal 1971 è diventato la scuola nazionale per giovani monaci. Statale. 

15 insegnanti per 400 studenti. Tanti, forse troppi per un corpo docente così ristretto e non eccezionalmente preparato. Ma, sicuramente, i criteri d’insegnamento non sono quelli delle nostre parti: qui s’impara a pregare, a suonare gli strumenti della devozione, a leggere e capire i libri sacri del buddhismo, con qualche infarinatura di  materie più civili. Ogni piccolo monaco ha a disposizione un materassino pieghevole, due vestiti color della porpora e una cassa di metallo nel quale tiene sotto chiave le sue poche cose, qualche libro, qualche caramella, la biancheria…

Ma quel che mi colpisce, appena entrato nel recinto del monastero, è l’apparizione di centinaia di piccole fiammelle bordeaux che folleggiano nei giochi e negli sport, continuamente mobili, ora a gruppi ora isolati, ora in competizione, ora in pace. Hanno tutti le teste rasate, gli occhi vivi e furbi, l’impegno di una missione esistenziale. Salgono i gradini del tempio veloci come caprette d’altura, fanno girare la ruota della preghiera come furetti, in un moto perpetuo che dice l’argento vivo della loro età ma anche la sanità di un tale sistema educativo. Qui c’è naturalezza, i piccoli monaci non sembrano minimamente infelici. Giocano con palle di stracci un football che pare quello che giocheremo in paradiso.

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