martedì 19 gennaio 2016

Ouranoupolis, dove ci s'imbarca per lo "Stato dei monaci"


Viaggio al Monte Athos/2



 

L'ultima città prima di prendere il battello. Con un equipaggio e un carico di passeggeri esclusivamente al maschile...

Si tratta di un porto, e come tutti i porti Ouranoupolis è un gran casino. Non c'è da stupirsi, dove si salpa o si sbarca c'è sempre chi vuole fare affari, chi specula sui servizi di frontiera, chi cerca semplicemente di sbarcare il lunario. Ma questo porto è particolarmente strano, perché è l'unico che porta a uno Stato particolarissimo come il Monte Athos, una sorta di repubblica dei monaci legata direttamente al patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Su tutto domina la torre bizantina di Phosphori, una massiccia costruzione che sembra voler incutere timore e nel contempo rassicurare. I gabbiani volano ovunque, mentre l'abitato non ha proprio nulla che valga la pena di ricordare. Qui si va verso l'Athos, e solo questo importa. 

Ouranoupolis si ritira il visto per entrare al Monte Athos. Oggi c'è una lunghissima fila, o piuttosto un assembramento, perché ieri i traghetti per Dafni non hanno potuto viaggiare per via del vento. Un'ora di fila che si rivela un'occasione per conoscere qualcuno dei pellegrini che vanno ai monasteri. Come Nikos che abita ad Atene e viene qui due volte all'anno perché ha un fratello monaco. Comincio ad abituarmi ad un mondo di soli uomini e sostanzialmente nero. Sorpresa: anche per acquistare il biglietto del ferry c'è una fila lentissima...


Un'altra ora apparentemente persa. Ma vedo che tutti sono calmi, il pellegrinaggio richiede in primo luogo la virtù della pazienza. E allora avanti, la traversata di due ore, che in realtà è un costeggiare la penisola sottile come un nodoso dito di pietra, s'annuncia con un sole splendente.


Finalmente si parte. Dopo una lunga attesa per traghetti che avevano problemi di carico e una gran confusione di merci, sono riuscito a trovare un biglietto e ad imbarcarmi su un traghetto lento che ci metterà un paio d'ore per arrivare al porticciolo di Dafni, porta d'accesso al Monte Athos. C'è qualcosa di incompleto in questo traghetto che carica solo uomini, qualcosa di sguaiato e grossolano. Si tirano fuori le bottiglie, si beve, si conversa a voce alta, si esce a fumare una sigaretta, si fanno le ultime telefonate. Solo un monachello asciutto come un chiodo pare pregare, anzi sicuramente sta pregando. Ma, a guardare bene, non pochi cercano di avere un contegno di raccoglimento.


Dopo un certo periodo di navigazione, m'accorgo che in realtà di gente in preghiera, di uomini che fanno veramente un pellegrinaggio, qui ce ne sono molti. Sono tutti coloro che escono sui ponti del traghetto e guardano verso il promontorio lungo e nerboruto del Monte Athos. Guardano verso i monasteri che si susseguono sulla costa e sull'altura, ogni tanto si segnano, soprattutto tacciono. Non è male, è un grande momento di preghiera collettiva. Di quelle che restano nel cuore per la testimonianza che questa gente semplice, greca ma non solo, offre a chi se ne va verso l'Athos.

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