mercoledì 6 maggio 2015

Pashupatinath, i morti che se ne vanno in mezzo ai colori


In questi giorni di terremoto in Nepal, le immagini delle cremazioni dei morti sono rimbalzate nel mondo intero. Venivano soprattutto da questo sito della valle di Kathmandu considerato sacro, sul fiume Bagmati.

Avevo già assistito alla cremazione dei morti secondo la tradizione indù, a Varanasi, città che tra l’altro ha un’importanza ben superiore a ogni altro sito di quella tradizione religiosa, sul Sacro Gange. Ma la visita era stata rapida, faceva un freddo cane e non si poteva scattare fotografie. Oggi mi trovo in una cittadina a due passi da Kathmandu, un luogo apparentemente squallido e sen’anima, tra l’aeroporto internazionale e orridi quartieri-dormitorio di periferia. Sono a Pashupatinath, il maggior tempio indù del Nepal, che per giunta si rivela non accessibile a chi non ha la religione giusta da queste parti.
Che ci potrà mai essere di così interessante? La storia, comunque, qualcosa lo suggerisce: sorto lungo il fiume Bagmati, Pashupatinath ha avuto origine nella sua forma attuale nel 1696, con la costruzione del tempio dedicato al toro di Shiva, Nandi, ma sul luogo da secoli si praticavano ritualità indù. È vero, il tempio principale non è accessibile, ma i ghat, i gradoni che danno sul fiume, lo sono, è lì che si svolgono le cerimonie di cremazione. Tutto avviene sotto lo sguardo di tutti, anche dei fotografi, a cui è demandato il rispetto e la discrezione. Le piattaforme per la cremazione sono una decina, di modo che è possibile assistere in contemporanea alle diverse fasi dei riti funerari: il lavaggio del corpo, che consiste nello scoprire dal sudario il volto del defunto, la cui barella viene fatta scivolare fino a che i piedi del morto tocchino l’acqua, e nell’aspergerlo tra i pianti e le lacrime dei parenti e degli amici. Da notare che il sudario è arancione per chi muore a casa, bianco per chi invece muore in ospedale. Il corpo viene poi portato dinanzi alla piattaforma della cremazione, su cui i becchini hanno approntato con ritualità maniacale la pira di legni incrociati su cui viene posto il cadavere, ornato di fiori dai simbolismi vari. Ma il corpo non viene deposto prima di avergli fatto compiere alcuni giri attorno al catafalco. Quindi s’accende il fuoco, che brucia per circa un’ora prima di venire spento, le ceneri disperse nel fiume assieme ai legni bruciati. C’è poi chi provvede a tirar su i ciocchi neri dalle acque…Tutto il ciclo viene compiuto con una dignità estrema.
E poi i sadhu che per due soldi si fanno fotografare con i tuyristi, i templi in serie che ospitano ognuno un fallo di Krishna, un lingam, e i bambini che danno il senso della vita, e i vecchi che pasteggiano a torso nudo, dipinti in modo pittoresco… Passa un aereo, è un altro mondo.

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