venerdì 1 maggio 2015

Bhaktapur, la festa che diventa ossessione



Ancora un post rieditato sul Nepal, per ricordarci delle vittime e per riuscire a ricordarci dei fratelli che stanno lassù senza più nulla, nella precarietà assoluta. Andiamo a Bhaktapur, una delle città più colpite dal sisma. Il Bisket Jatra, il capodanno nepalese, si concentra in una tenzone tra le due parti della città.

Da queste parti, in Nepal, il capodanno tradizionale cade nei primi giorni di aprile. Quasi in ogni città lo si festeggia con grandi celebrazioni che hanno tre caratteristiche: coinvolgono la folla, hanno un significato religioso e sono un’esposizione della forza maschile. La più celebre, a quanto pare, è il Bisket Jatra, che si tiene a Bhaktapur, trenta chilometri a Ovest di Kathmandu, una cittadina perfettamente conservata, con solo nelle straordinarie architetture newari ma anche nella vita ordinaria della gente, tradizionalmente fedele al passato. La festa coinvolge delle divinità ed è centrata su un grosso e alto carro di legno – il poderoso carro di Bhairab, costruito artigianalmente mettendo assieme i pezzi di legno sparsi attorno ai templi di Bhairabnath e di Nyatapola – che trasporta le statue degli dèi dei due luoghi di culto (Bhairab e Betal, che sono divinità amiche) da una piazza all’altra, cioè da Taumadhi Tole e Khalna Tole, trainato da grosse e lunghe funi. Un dettaglio, il carro è conteso da due partiti in opposizione, mezza città contro l’altra metà: chi vince ha il diritto di conservare le statue delle divinità per una settimana nel “rifugio per dèi” di Khalna Tole.

Tutta la città vive per la festa: arrivando già la mattina, si nota una febbrilità che non è normale da queste parti: chi prepara ghirlande di fiori, chi ancora è indaffarato attorno al carro che viene rinnovato ogni anno, chi pulisce i gradini dei templi che danno sulla Taumadhi Tole, dove si svolge la tenzone, o sulla Durbar Square, il centro storico e amministrativo della città, chi prepara l’entrata in campo dei poliziotti… Ce n’è per tutti, anche per i bambini che raccolgono centesimi lanciati dai turisti o per le bambine che tessono treccioline votive. Anche se non teutonico, un ordine codificato esiste nel susseguirsi degli avvenimenti a cui si calcola che assistano più di 20 mila persone all’anno. Il centro della tenzone è la Taumadhi Tole, dove si affaccia il tempio più alto del Nepal, il Tempio di Nyatapola, cinque piani e 30 metri d’altezza, quasi gigantesco abete che veglia sulla città. I suoi alti gradini sono oggi totalmente occupati da turisti e indigeni, in una simbiosi assai simpatica, perché qui non vengono i grandi viaggi organizzati.

Alle 5 del pomeriggio, accompagnati dall’incessante tintinnio dei cembali locali – che siano indù o buddhisti in fondo poco importa – le divinità vengono finalmente issate sul carro (che potrebbe portare una centina di persone, ma che ne ospita un centinaio, affastellati in modo rocambolesco e pericoloso) e, ad un segnale convenuto, i contendenti cominciano a tirare sulle funi, lunghe anche 200 metri. Un normale tiro alla fune? No, perché le funi da ogni parte sono cinque o sei e perché, soprattutto, il percorso è tutt’altro che lineare, e le funi s’incuneano nelle due vie dei contendenti. Mi apposto su una terrazza della piazza per osservare meglio la scena: dato il via, la forza di centinaia di braccia si concentra sul carro che così viene strattonato in modo violento, al punto da ondeggiare, cigolare, pare quasi sollevarsi da terra, lo sfrigolo delle funi sul legno pare il lamento di un dio minore, finché uno strattone più violento degli altri sembra voler far pendere la bilancia da una parte, l’Oriente della città, che pare infilare il carro senza freni nella via sottostante il mio punto di osservazione. Ma il carro s’incastra su un balcone, e quelli dell’Occidente hanno così il tempo di riorganizzarsi e cercare la rimonta che fino a due minuti prima pareva impossibile. E ce la fanno, il carro torna nella Taumadhi Tole, finché s’incastra nuovamente in un palazzo. Tira e molla, tira e molla, resto quattro ore ad osservare la battaglia, tra ondeggiamenti paurosi, gente che rimane schiacciata, un ragazzino che cade dal carro, la polizia che interviene. Leggo su un giornale che l’anno scorso c’erano stati sei morti, saccheggi e pestaggi per l’ubriacatura generalizzata: quest’anno la polizia, invece, pare tener tutto sotto controllo con una presenza muscolosa. Anche questo è il Bisket Jatra.

Nessun commento: