Chi ha una certa dimestichezza con le faccende caucasiche non può non salutare con un applauso la pubblicazione di un romanzo come quello di Nicolai Lilin, dedicato ad uno dei conflitti più tragici e spietati che mai la faccia della terra abbia conosciuto, quello di Cecenia. Il libro racconta le vicende di “Kolima”, un giovane della Transnistria (Paese-non-Paese, riconosciuto solo dalla Russia e da pochi altri territori contesi, come Abcasia, Ossezia del Sud e Nagorno Karabakh) che si ritrova in modo assolutamente inatteso arruolato nell’esercito russo e spedito, per una mancanza di prudenza, tra i sabotatori, le squadre d’assalto della guerra cecena, assolutamente libere di agire nel modo da loro preferito, pur soggiacendo alle direttive dei comandi supremi dell’esercito.
Colpisce la spietatezza manifestata dai combattenti – atroci le descrizioni delle vendette, dei nemici scuoiati da vivi, delle incredibili avventure di un pugno di pronti-a-tutto, crudeli con gli avversari, troppo genericamente e troppo spesso definiti “arabi”, ma tra loro estremamente fraterni, pronti a dare la vita l’uno per l’altro. Ed è questo, forse, il maggior merito del libro, che scava nella psiche umana dei combattenti evidenziandone le palesi contraddizioni, gli insospettabili paradossi.
Non sono pagine da lasciare in mano ai sensibili di spirito (possono causare rigetto immediato e disturbi psichici e fisici vari). Non sono pagine per chi cerca spiegazioni politiche al conflitto (sì, vengono evidenziate le contraddizioni di un regime, quello putiniano, estremamente muscoloso e cinico nelle sue avventure caucasiche, ma con accenni senza seguito). E non sono pagine nemmeno per gli appassionati di strategia militare (anche se in fondo il libro sta nel racconto di tre o quattro uscite dei sabotatori).
Sono invece pagine adatte a chi s’interroga sul perché dell’inestinguibile odio; a chi vuol capire perché bene e male coesistano e divarichino la loro sfera d’azione; a che è convinto che le guerre caucasiche siano qualcosa di “genetico” e a coloro che invece le considerano “politiche”.
p.s. Una nota all’editore: due o tre passaggi sono mimeticamente ripetuti in azioni diverse. Errore grave per la credibilità del libro. Resta infatti il dubbio fino all’ultima pagina: verità o finzione? Comunque, chi ha letto le pagine della Politkovskaja, di assoluta veridicità, propenderà per una salomonica coesistenza di finzione e di realtà. Perché la Cecenia in fondo è tale.
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