lunedì 26 aprile 2010

Anversa, l’elogio della sana follia


"Il Belgio rischia la separazione", titola un grande quotidiano francese dopo la consumazione dell'ennesima crisi di governo. Sarà vero? Certo è che la convivenza tra fiamminghi e valloni risulta sempre più complicata. Visita ad Anversa, cuore della regione fiamminga (2005).

Piazze in puro stile fiammingo concatenate, quasi abbracciate; quadri di Rubens che mi penetrano dalle pupille fino alle viscere, frammenti di colori che diventano pura luce; la follia di Erasmo a prova di secoli; l’ammirevole cattedrale, la Kathedraal, un ettaro di slanci gotici, ricchi e leggeri, la sua torre slanciata e ardita, che ospita la bellezza di 47 campane; un mare di biciclette che scivolano leggere facendo lo slalom tra le folate del vento del nord e l’occhiolino rivolto ai ciclisti d’ogni età dal sole coi suoi raggi timidi e birichini; la birra De Coninck, sempre più spumeggiante e densa, una sorsata che d’estate dà frescura e d’inverno calore, per il miracolo del malto e del luppolo; il castelletto dello Steen, sul canale dello Schelde, si pavoneggia austero ma poco rigoroso, con un veridico bassorilievo di Priapo in bella vista; il canale che pare un fiume e pare un mare, minaccioso come un oceano in burrasca e accogliente come un porto protetto dai venti; l’isola pedonale che t’accompagna per le ruelle sgombre d’auto (ma non di biciclette) del centro gotico e fiammingo, riservandoti sorprese ad ogni svolta, con lo sguardo che va e viene sulle belle facciate delle case che paiono finestre sorrette da esilissimi muri, giusto il necessario per impedire al vetro di cadere a terra; il selciato di pavé scomposti ma non troppo, sul quale i tacchi poggiano con sicurezza, producendo un rumore che rimbalza sulle facciate ritornando rumori moltiplicati per due; le luci colorate che suggeriscono più che gridare, con un tocco di civiltà che la società del consumo dimentica troppo facilmente; i marmi lavorati dall’uomo e levigati dal vento, scalini posti perpendicolarmente al suolo, in un’ascesa orizzontale che prefigura la pragmaticità commerciante, l’idealismo filosofico, la “sana follia” che spinge l’uomo ad industriarsi quaggiù nell’incertezza dell’esistenza di un lassù; le abitazioni che hanno e fanno la cresta, superbe e nel contempo familiari, tirando fuori dal cilindro gotico la bellezza e l’orgoglio. Questa è cultura.

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