mercoledì 14 aprile 2010

Confusione in Kirghizistan


Mentre il presidente Bakiev si è ritirato nella sua Jalal-Abad, il quadrunvirato al potere a Bishkek esige le sue dimissioni. I rischi di guerra civile persistono. Diario d'un passaggio, estate 2009.

Di nuovo verso sud, seguendo laghi artificiali imponenti, come quello di Toktogul, il più grande tra quelli realizzati a partire dagli anni Sessanta, e che continua ancora ad essere migliorato, ampliato e controllato. Solo la diga di Kara-kol, squallido villaggio costruito in funzione della grande centrale idroelettrica, trattiene 19 milioni di metri cubi d’acqua portati dal fiume Naryn e dai suoi affluenti. Si capisce come la ricchezza principale del Kirghizistan sia proprio l’acqua, sia per l’irrigazione e il consumo domestico, sia per l’energia elettrica che produce coi suoi numerosi bacini artificiali, sia perché l’acqua è un bene geostrategico sempre più importante nella regione.

E si capisce come lo scorso anno sia scoppiato uno scandalo internazionale: il Kirghizistan s’è in effetti trovato privo di energia elettrica nel bel mezzo dell’estate, cosa mai successa negli ultimi decenni, perché le turbine delle centrali idroelettriche legate al bacino di Toktogul, e di quelli a valle, non “pescavano” più acqua, visto che il livello della superficie era calato inspiegabilmente d’una trentina di metri. Mistero mai risolto, ma la voce che circola è circostanziata: uno dei figli del presidente, responsabile della gestione delle acque in Kirghizistan, avrebbe ordinato l’apertura delle chiuse della diga di Kara-kol per far affluire più acqua nei fiumi che arrivano in Kazakistan e Uzbekistan. Guarda caso, dopo tanti anni i due vicini non hanno patito di cronica penuria idrica estiva, se non in misura infinitamente inferiore agli anni precedenti. In cambio il rampollo Bakiev avrebbe ricevuto per le sue spesucce personali, ovviamente impunito, la bellezza di poco meno d’un centinaio di milioni di dollari: l’ennesimo esempio della reale persistenza in Kirghizistan di un sostanziale sistema feudale, che fa capo ovviamente al presidente e alla sua famiglia, al suo clan.

Per il resto la strada è certo meno interessante di quella della prima parte del viaggio, che ha permesso lo scavalcamento della catena montuosa dello Tien Shan. Tuttavia, soprattutto attorno al bacino di Toktogul, si estendono per decine e decine di chilometri delle colline di creta dai profili ondulati e continuamente cangianti, colline ricoperte d’una peluria erbosa dalle tonalità fascinose, dall’azzurrino al verdino, dal giallo paglierino al rosa se non al rosso più intenso. È un incanto osservare il variare della scena, come se si arricciasse un favoloso tessuto di velluto dalle infinite sfumature.

Finché giungiamo, evitando la tradizionale incursione della strada maestra in Uzbekistan – non pochi sono i contenziosi al riguardo tra i due Paesi – rapidamente a Osh, la seconda città del Kirghizistan, mezzo milione di abitanti o poco più. Ora i cinesi hanno costruito una bella strada tra Jalal-Abad, la città dell’attuale presidente Bakiev, che arriva ad Osh passando per l’antica città di Özgön. Nulla di straordinario è accaduto nemmeno da queste parti, salvo il ricordo di tre notti di violenti scontri, nel 1990, tra uzbechi e kirghisi, oltre alla presenza di quattro gioielli dell’architettura di tradizione karakhanide: un minareto tronco, la cui cima probabilmente crollò in occasione di un disastroso terremoto del XVII secolo, e tre mausolei indipendenti ma collegati che giacciono poco distanti dal minareto, in una incantevole posizione aperta sulla valle sottostante.

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