venerdì 20 luglio 2012

Il pittore e mistico che si firmava S.S.O.P.N.


Bassa Val Badia/10 - Uno, uno solo degli abitanti di Badia spiega un'intera valle. E' Lois Irsara.

Badia era considerata la pietra che distingueva l’Alta e la Bassa Val Badia. Poi, come ho già ricordato, il confine è stato spostato a La Valle. Badia s’allunga ai bordi della strada statale, a due passi da Pedraces, nella parte forse più straordinaria della Val Badia, con l’immenso e imponente costone che borda con strapiombi improvvisi l’Alpe di Fanes, a Ovest, e ad Est la meno dura ma più pittoresca linea montuosa verde e grigia creata dal Sassongher e dalla Gherdenacia.
Sui rilievi sopra Badia abitava un uomo, Freinademetz, che ebbe una vocazione missionaria, dai Verbiti. Partì per la Cina dove riuscì in un’opera straordinaria di inculturazione ed evangelizzazione. È stato beatificato. In tutte le chiese della Val Badia ora si può trovare un quadro che lo rappresenta in abiti cinesi, con la barbetta dei mandarini e il cappellino dei notabili locali. Da casa del signor Irsara si scorge la casa-santuario di Freinademetz, di cui Lois, questo il suo nome, ha dipinto un piccolo ritratto dai contorni sfumati, apparentemente vaghi, ma che in realtà trasmettono a chi lo guarda l’impressione di conoscere quell’uomo. Da sempre. Lois Irsara è pittore e mistico.
Nato in un borgo verso La Valle, aveva vissuto un’infanzia povera ma serena, come tanta gente da queste parti. Arrivato all’età del lavoro – a quel tempo erano i 14 anni – si decise in famiglia che avrebbe fatto il macellaio, visto che era gracilino e la vita dura dei campi forse non l’avrebbe retta. Ma, proprio mentre stava imparando il mestiere in quel di Brunico, si ammalò gravemente e per due anni fu costretto a camminare sorreggendosi su due stampelle. Perse quindi il mestiere. Durante lunghe degenze a letto, affinò lo spirito e lo sguardo. Cominciò a scolpire il legno, poi a dipingere. E dimostrò indubbie doti artistiche, tanto che riusciva a vendere non poche delle sue opere. Faceva soprattutto ritratti. Firmava quelle opere con uno pseudonimo, perché aveva l’impressione di non creare cose belle. In realtà quello pseudonimo era un acronimo che nessuno capiva: S.S.O.P.N., cioè: Sedes Sapientiae Ora Pro Nobis. Finché i genitori, sotto la spinta del parroco del luogo che si era accorto della bravura del giovane uomo, non si decisero a mandarlo a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Milano. Da quel giorno cominciò a firmarsi Lois Irsara. Senza timore.
La vita di Lois, rallegrata dal matrimonio con «la mia regina», come la definisce, Giovanna, e da tre figli, è stata costellata da malattie e gracilità, oltre che dalle consuete sofferenze spirituali di chi ha un animo sensibile. Da qualche anno – oggi Lois ha 86 anni – la gravità dei suoi mali s’è accentuata, in particolare per una paresi facciale. Ma non si perde d’animo: «Dio fa solo cose belle: guarda il prato, guarda l’erba, guarda i fiori, sono tutte cose belle. Dio fa solo cose belle, vedi le montagne. Non riusciremo mai a capire quanto Dio sia capace di far cose belle e solo cose belle. Quindi anche queste mie malattie sono cose belle, se so vederle da Dio».
Saliamo nel suo atelier, illuminato da un’ampia finestra dalla quale s’ammira uno scorcio di valle, prima che la visuale venga interrotta da una casa di recente costruzione: «Sì, mi ha interrotto la vista della valle, da qui vedevo la mia casa natale. Ma sul tetto della casa vedo il camino e l’antenna della televisione, che mi indicano il cielo. Ecco, il Cielo è più bello ancora». Le pareti sono ricoperte da quadri d’ogni foggia, a carattere sacro o profano, tanti ritratti. Ritratti che ti danno l’impressione di riuscire a cogliere l’essere, anzi il dover essere della persona raffigurata. D’un tratto ci dice: «Vi mostro la Trinità». E tira fuori dai suoi archivi tre quadri, forse 30 centimetri per 40. Il Padre viene rappresentato da un anziano barbuto e capelluto, su uno sfondo giallo, era un suo amico valligiano, Giovannone, uno scultore, un altro uomo di Dio. Il Figlio è la riproduzione di un Cristo che in croce grida l’abbandono del Padre, un quadro che era devozionale e pietistico, ma che sotto i pennelli di Lois diventa un uomo-Dio che par aver perso la sua divinità. Infine, lo Spirito Santo, a prima vista, appare quanto di più tradizionale possa essere rappresentato, cioè una bianca colomba, in volo, slanciata ma nel contempo come trattenuta da qualcosa o qualcuno; in realtà è il cielo rappresentato a sconvolgere, perché è il cielo di Badia, trasfigurato.
Pittore e mistico è Lois Irsara. Lo avrete capito.

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