lunedì 2 luglio 2012

Sacro convento di Assisi, l'apertura del Poverello


Quando un luogo sacro spalanca valli e monti e orizzonti.

Padre Egidio, un amico frate francescano al Sacro Convento di Assisi, quello che pare sostenere con i suoi massicci e leggeri bastioni la basilica di San Francesco, m’invita a trascorrere un fine settimana nel simbolo stesso di una delle maggiori tradizioni spirituali del mondo intero, non solo dell’Italia. Non a caso è proprio qui che, al cuore di “sorella povertà”, si tengono i più grandi e riusciti appuntamenti della galassia del dialogo interreligioso. Ed è sempre qui che milioni di persone ogni anno formulano propositi edificanti, per sé e per il convivere civile e sociale. Fatto sta che mi offrono una stanza nell’estremo limite occidentale del palazzo-convento, proprio a ridosso degli appartamenti papali – questo in origine era un palazzo pontificio, di cui ha conservato tra l’altro l’extraterritorialità. La camera è ricavata sotto volte medievali, si parla del 1300, in modo un po’ barbaro ma suggestivo, aperta, anzi spalancata sulla valle d’Assisi, che va da Perugia a Foligno. Vista sconfinata, sospeso sulla creazione, oltre ogni possibile confine umano e spirituale. Il caldo scompare, spazzato all’apertura della finestra-vetrata ad arco da uno straordinario profumo di erba e santità, di storia e di bellezza. Prendo una sedia, la sistemo dinanzi alla finestra e mi siedo, respiro e mi apro, mi spalanco nell’anima, nel corpo, nello spirito, in tutto, proprio in tutto. Non serve yoga, non servono adorazioni senza fine, nemmeno tecniche ascetiche di concentrazione: basta lo zefiro leggero che sale dalla valle santa. E così entro in comunione progressiva con la natura, anche con coloro che hanno abitato sotto queste volte. Me li immagino, ad uno ad uno, compaiono spontaneamente al proscenio della mia memoria (prodigiosa, solo ora) occupando le stanze della mia anima con dolcezza e intransigenza: «Tu sei qui perché tanti prima di te hanno dimorato sotto queste antiche volte. Non prenderti tutto il merito, anzi nemmeno un po’».
Esco dalla mia cella, scendo una dozzina di gradini che paiono riassumere in sé, concentrandoli, i secoli che hanno vissuto sotto questa stella francescana: il secolo lungo e quello breve, quello senza fine e quello tormentato, quello scosceso e quello incerto… Tutta la storia francescana, e non solo, in pochi gradini! Che si elidono nella straordinaria deambulazione sotto gli archi aperti che percorrono l’intero Sacro Convento da Oriente ad Occidente e viceversa, aprendo squarci di senso e di bellezza che mi fanno dire: «Qui si dimora», cioè si resta, senza soluzione di continuità. È il miracolo della mutua in abitazione, forse.

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