Giulio Albanese, direttore di "Popoli e missione", editorialista di "Avvenire" e fondatore di "Misna" ha scritto una recensione per il mio ultimo libro. La pubblico, anche se le sue parole mi paiono un po' esagerate...
La grande bufera che ha investito in questi anni la regione caucasica, linea di faglia tra Oriente e Occidente, manifestatasi con guerre, esodi ed eccidi, ha prodotto una comunicazione solitamente giornalistica e a tratti addirittura letteraria. Narratori del calibro di Kapuscinski hanno saputo dare voce a chi non ha voce, imprimendo il brivido della scoperta. Zanzucchi, cronista-viaggiatore d’eccellenza, sta dentro la medesima vena letteraria, raccontando attraverso fonti dirette il vissuto di tanta umanità dolente e paradossalmente aperta alla speranza.
Riaffiorano allora realtà distanti anni luce dal nostro immaginario, fatte di lingue, culture e rivendicazioni inedite, drammatiche e sconvolgenti, comunque intrise di un’umanità prorompente. Tante le storie di uomini e donne che l’autore ha incontrato, cristiani tutti d’un pezzo che vivono la loro fede con impegno, talvolta nella paura, in ogni caso solidali con la loro gente. C’è la Cabardino-Balcaria dove la convivenza è possibile; l’Inguscezia con la paura rinascente; la Cecenia, terra dell’abominio radicato; il Nagorno-Karabakh, l’armenità perduta e ritrovata; fino all’Azerbaijan che galleggia sul petrolio. L’assenza di ideologia e la presenza del angelo in ogni pagina testimoniano un cristianesimo in cui non contano i numeri ma la qualità della fede. Si legge d’un fiato, portando i segni dell’autore. È davvero tutt’uno con lui.
Giulio Albanese
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