lunedì 18 gennaio 2010

Ucraina in bilico


Il primo turno delle elezioni presidenziali in Ucraina ha dimostrato quanto il Paese sia ancora diviso tra filo-russi e indipendentisti. Una serata all'Opera di Kiev è una metafora della situazione politica. Visita sul luogo del febbraio 2009.

Serata all’Opera Nazionale di Kiev, memore di fasti pre e post-sovietici, nota soprattutto per il balletto classico. Qui la Fracci e la Cosi si sono esibite come étoile, con grande successo. Qui il sovietismo ha portato frutto, ha creato meraviglie sceniche e ha coltivato voci di grande bellezza.

È un perfetto punto d’osservazione quello dell’entrata all’Opera. Si scorge il popolo e l’aristocrazia, pellicce e giacconi da scaricatore, scarpe di capretto tirate a lucido e scarpe da ginnastica sfondate. Ci sono bambini melomani e donne con maquillage che paiono impalcature; intellettuali di mezza età in vena di carinerie con le ragazzine e maschi latini che portano nel bel mondo le loro prede.

L’interno del teatro non è cambiato di un pelo da cent’anni in qua. Hanno solo cambiato il velluto rosso porpora delle poltroncine, sebbene queste vivano e si nutrano ancora di polvere. Mentre le decorazioni sono antecedenti al periodo leninista, più simili a quelle dei teatri di Vienna che non di Mosca o San Pietroburgo. L’atmosfera non è delle più leccate – viene rappresentato il verdiano
Ballo in maschera –, ma ha un suo cachet, quasi una sua vena di raffinata normalità che, non lo nego, ha un suo fascino sottile.

Accanto a me è seduta un’intera famiglia – padre, madre, tre figlie, una zia – che pare essere composta solo da melomani. La figlia più piccola, una biondina tutto pepe che siede proprio nella poltroncina accanto alla mia, pare conoscere a memoria ogni passaggio dell’opera verdiana, tanto che spiega alle sorelle maggiori i passaggi più complicati della di per sé complicata trama del libretto di Antonio Somma. Con le dita, tamburellando sulla poltroncina dinanzi a lei, finge di suonare il piano. Il ritmo è perfetto.

Ma la sorpresa più inattesa – o forse nemmeno tanto – si presenta all’apertura del sipario. Sì, perché le scene dipinte dallo scenografo paiono una perfetta rappresentazione del neoclassicismo dell’impero brezneviano. Con il dettaglio perfido che le colonne sono pendenti, i soffitti sbilenchi, le prospettive semplicemente sbagliate. Ad arte. Operazione sapiente, senza dubbio, che svela l’indubbia perizia dello scenografo. E la sua nostalgia che s’evapora con lo sciamare degli spettatori alla fine della recita verso i tassì e le grandi suv che anche qui certificano il trionfo, momentaneo si spera, dello sregolato capitalismo alla Putin-Bush-Schroeder.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dear Michele, did you remember only this sample of neoclassicism from four days in Kiev? It’s pity! You know, there are many really ancient and beautiful buildings in Kiev, but you tell nothing of them. I think, you create not true opinion about this city.