mercoledì 11 novembre 2009

Il Libano di Hariri è nelle sue pietre


Il 10 novembre è stato varato il governo Hariri, che dovrebbe reggere le sorti del Libano. Un compromesso è alla base del successo del figlio del premier assassinato tre anni fa. A Biblo, "la città più antica del mondo" va ricercata la plurimillenaria vocazione libanese alla coesistenza di diverse culture e religioni.


Non esistono molti siti al mondo come Biblo, Jbail in arabo, sulla costa mediterranea libanese, quaranta chilometri al nord della capitale Beirut, sulla strada costiera verso Tripoli: i millenni in un fazzoletto di terra proteso verso il mare, dal V millennio prima di Cristo in poi, con metalli e ceramiche e poi il tempio di Baalat Gebal, costruito su una precedente grotta sacra, i fenici e le loro navi, gli amorini e gli egizi in lotta tra loro, e poi gli hyksos asiatici, greci e assiri e persiani, romani e ottomani, crociati e saladini… Qui è stato ritrovato uno dei primissimi alfabeti conosciuti, d’origine fenicia.

Sapevo che un passaggio non certo ufficiale, ma almeno tollerato, portava ad una tomba assai affascinante ed antica, quella di Yp-Shemu–Abi, principe del IX secolo avanti Cristo. Mi ci vogliono dieci minuti di ricerca per individuare il pozzo giusto, tra i tanti che forano il terreno in profondità. Scendo una dozzina di metri attraverso un camminamento che nei millenni con tutta probabilità era una scala riservata ai sacerdoti della religione pagana dell’epoca. Lo si intuisce dalle parvenze di gradini che lungo le pareti dell’angusto passaggio ancora s’intravedono, mentre nel camminamento praticabile sono quasi completamente scomparsi. In una profonda nicchia alla base del pozzo, un’astronave riposa con le sue antenne come enormi bottoni, antico sarcofago di un re perso nei millenni.

C’è un altro pozzo – Bir al-Malik – che non può non attirare la mia attenzione per le dimensioni dell’apertura – una quarantina di metri – e per la sua profondità – una cinquantina –; sul fondo si trovava una fonte, sotto il livello del mare, dedicata a Osiride, la dea della fecondità, alla quale s’abbeveravano le donne sterili, o presunte tali. Funzionò, dicono, per tre millenni: quante nascite debbono essere state attribuite ai poteri miracolosi delle sue acque? Il mistero della vita, data o non data, sta anche in questa fonte. Al visitatore non è concesso di scendere al luogo dove una volta zampillava l’acqua: una rampa a spirale ancora si scorge lungo le pareti del pozzo che pare un imbuto assai ripido.

Ma il mistero della vita e della morte sta ancora più in un’altra acqua, quella del mare, onnipresente a Byblos, come un orizzonte e una minaccia, una speranza e una frontiera. Il sito dei neolitici e dei crociati pare una vasta scalinata degradante verso l’infinito liquido, e ascendente verso l’infinito gassoso. Una scalinata materna, nella attrazioneliquida, paterna in quella gassosa. E me l’immagino popolata in un convenire sincronico di uomini e donne vestiti di pelle, di ferro, di lana, di nulla o di tutto. Vestiti di fede: oggi è venerdì santo, e nell’aria si spande l’omelia del prete maronita, e poi il sermone dell’imam sunnita. Impossibile distinguerli persino per chi conosce l’arabo. Parlano di sofferenza e di sacrificio. Parlano del Libano.

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