mercoledì 25 novembre 2009

La Belarus' che Berlusconi troverà


All'inizio della prossima settimana, il premier si recherà a Minsk, primo leader occidentale a visitare il Paese governato con mano di ferro da Lukashenko. Nello scorso aprile ho visitato questa nazione che stenta ad emergere economicamente, politicamente e socialmente. Quattro passi in un museo all'aperto, a Dudutki, che, parlando del passato, dice molto del presente.

Un borgo insignificante nella campagna bielorussa tutta uguale, sempre mimetica a sé stessa, senza fantasia. Senza sussulti e colpi di genio. Non per niente anche queste lande erano e sono il granaio d’Europa. I piccoli abitati tradiscono il troppo inveterato vizio dei popoli dell’Est: l’incuria, l’incapacità di terminare i lavori, il rifiuto di considerare l’esistenza del bene comune. Trasandati sono i borghi rurali bielorussi, e trascurati sono i campi, raramente coltivati a dovere: meno delle lande ucraine o georgiane, più di Cechia e Ungheria. Il tutto è aggravato dalla continuazione di un regime per certi versi dittatoriale, qui in Belarus’, caso praticamente unico in Europa, ormai.

Per tutto ciò, i bielorussi hanno bisogno di ritrovare le loro radici, le loro tradizioni, fossero anche quelle della terra, delle coltivazioni tramandate dai nonni, delle celebrazioni liturgiche, delle professioni artigianali del legno, del ferro, del cuoio. Dudutki è il risultato di tutte queste esigenze messe assieme. È la ricostruzione d’un borgo tradizionale della campagna bielorussa, con la riesumazione di vecchie tradizioni artigianali e pastorizie, la ricostruzione di una fattoria gestita secondo criteri ecologici, con maneggi, visite guidate per le scolaresche, ristoranti che offrono solo cucina tradizionale bielorussa.

In un capannone di legno sono esposte auto e moto della prima metà del XX secolo. Mentre nel vicino negozietto un fabbro produce candelabri e decorazioni di fattura grossolana, commovente per una passione che coltiva senza avere dinanzi a sé mdoelli adeguati. Tutto quello che produce è di sua fabbricazione, e anche ideazione, o quasi. Accanto, delle gentili giovinette producono manufatti artigianali di paglia e di rafia: uccellini, cestini, braccialetti, sottobicchieri. Ancora, una donnona baffuta offre agli avventori vodka con cetrioli conservati in salamoia e grosse fette di una sorta di pancetta di maiale, accompagnando il tutto con un cucchiaino di miele, nella totale assenza di grazia e gentilezza. Ma, poco male, i vicini sono allegrotti per le bevute, ma aperti e curiosi.

E poi i cavalli e le carrozze, i puledri che fanno impazzire i bambini e le marmitte per cucinare gli stufati, e gli abiti tradizionali delle contadine e gli strofinacci di lino, le vecchie radio e un giradischi degli abbi Cinquanta, utensili di varie professioni artigianali, tappeti tessuti nelle case, vecchie uniformi, antichi paramenti, ninnoli e collane delle nonne, la macchina da scrivere di un giornalista ammazzato dalla mafia e le sue cianfrusaglie, qualche mobile di sessant’anni fa, trine delle bisnonne e icone degli antenati.

Dudutki mostra il lato più onorevole dei bielorussi, lo sforzo di ritrovare una tradizione per troppo tempo sepolta, il desiderio di ritrovare la propria identità come patria e come popolo. E nel contempo mostra quanto il nuovo possa sotterrare di nuovo il vecchio, se non proprio l’antico, se appena appena non si sta attenti al pericolo del sotterramento di tutto quanto non è consumismo.

Nessun commento: