domenica 20 dicembre 2009



Chiara Luce e il suo universale sorriso

Benedetto XVI ha firmato, e ben presto la giovane Badano sarà beata. Nove anni fa scrissi una sua biografia, "Io ho tutto" che presto uscirà in una nuova versione aggiornata per i tipi di Città Nuova. Ne pubblico l'estratto degli ultimi istanti della sua vita.

Chiara Luce si aggrava, sopraggiungono crisi respiratorie e segni di soffocamento. Confida alla mamma una mattina: «Ieri sera ero felice perché ho potuto offrire ancora qualcosa». E in un altro momento: «Pensi che sia un falso allarme? Partirò?». Le risponde Maria Teresa: «Per partire ci vuole il tempo di Dio. Ma stai tranquilla: hai la valigia pronta, piena di atti d’amore». E Chiara Luce: «Pensi che mi verrà incontro la nonna?». La mamma: «Prima ci sarà Maria, che t’accoglierà a braccia aperte». E la giovane Badano: «Zitta, non dirmi niente che mi togli la sorpresa».

Due notti prima di morire chiede alla madre di leggerle una delle meditazioni di Chiara Lubich, le uniche pagine oltre al vangelo che ancora la soddisfino, placando la sua sete d’infinito. Maria Teresa comincia, ma Chiara Luce l’interrompe: «Con più entusiasmo, per favore». E poi pronuncia una frase, semplice e forte, memore della “visita” ricevuta qualche settimana prima: «Quando arriva il diavolo lo mando via, perché sono più forte, perché io ho Gesù».

La vigilia vuol salutare gli amici che in quel momento sono in casa. Non ha un filo di forze residue, ma riesce comunque a riservare un sorriso a ognuno, o un semplice cenno con la mano. Giuliano è tra questi: «Bisogna avere il coraggio di mettere da parte ambizioni e progetti che distruggono il vero significato della vita, che è credere nell’amore di Dio e basta», riesce a dirgli. Arriva un mazzo di roselline dalle gen: «Che belle, proprio adatte per un matrimonio», commenta.

Sin dalla mattina le viene da ripetere una frase ripresa da Chiara Lubich: «Vieni Signore Gesù», perché desidera ricevere l’Eucaristia. E inatteso arriva un sacerdote, che le dà la comunione. È felicissima.

La notte si annuncia, se possibile, ancora più difficile del solito. I medici si danno da fare nella sua stanzetta, ma Chiara Luce chiede di restare sola con i suoi. Accanto a lei il padre e la madre. Fuori dalla porta, gen e amici. C’è pace, quasi naturalezza. Le sue ultime parole sono per la mamma: «Ciao. Sii felice, perché io lo sono». A papà, che le chiede se quella frase valga anche per lui, stringe semplicemente la mano. È domenica 7 ottobre 1990, sono le quattro del mattino. È arrivata, Chiara Luce.

Scrive Chiara Lubich in un telegramma a Ruggero e Maria Teresa: «Ringraziamo Dio per questo suo luminoso capolavoro».

Poi l’ultimo dono: le sue cornee vengono espiantate. Ora due giovani vedono grazie a lei.

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