mercoledì 9 dicembre 2009

Dove va la Grecia?


Incidenti di piazza, declassamento della solvibilità del debito dello Stato, crisi di valori, difficoltà per la Chiesa ortodossa. Il Paese pare vivere una situazione di sospensione, come le Meteore. Reportage di una visita, nel 1998.

È stato uno scherzo ben preparato dal Creatore, oppure una sua collera, di quelle che non si dimenticano tanto facilmente? Osservando queste stranissime conformazioni rocciose, nel centro della Grecia, all’estremità nord-occidentale della Tessaglia, non si può non chiedersi perché siano spuntate da una piana per il resto abbastanza anonima, desolata e piatta. I geologi spiegano che una volta qui correva un grande fiume che sfociava su un lungo braccio di mare - l’attuale Tessaglia -, e che, asciugandosi a poco a poco, aveva lasciato a secco queste rocce grigie e levigate, alte e altere, come dita levate al cielo. Ma la visione che riempie gli occhi non può che far dimenticare la scienza delle pietre, per cercare una spiegazione più spirituale all’esistenza di questo luogo unico al mondo.

E la ragione la si trova solo più in alto, salendo a fatica grazie ad arditissime scale sulle piattaforme che occupano la sommità di alcune di queste forme rocciose cilindriche, ospitando monasteri ortodossi ancora occupati da monaci tutti neri e barbuti. Sembra in effetti che l’uomo abbia approfittato di questi scherzi della natura per issarsi in alto verso il Creatore, anzi più in alto ancora, isolandosi dalla grande valle di lacrime del mondo in luoghi dove lo sguardo, girando tutt’attorno, non può vedere altro che cielo.

Si conosce il ruolo fondamentale del monachesimo nell’Ortodossia: custode della fedeltà al Cristo e alla sua chiesa, segno profetico della necessaria unione con Dio, costante riferimento per la trasmissione dell’arte e della cultura. I monasteri delle Meteore hanno svolto e svolgono tali funzioni. Già prima dell’anno mille questi pinnacoli rocciosi erano stati scelti per i loro eremitaggi da alcuni monaci, che qui avevano trovato le condizioni ideali per isolarsi dal mondo. Ma avevano bisogno della celebrazione eucaristica; decisero così di riunirsi in monasteri che fiorirono nei punti più isolati di queste rocce. Poi le invasioni, la crisi. Fino a quando, nel 1334, venne a stabilirsi qui il beato Atanasio il Meteorita, che pretendeva di erigere quassù un monastero sul modello del Monte Athos. Ci riuscì, richiamando col suo esempio centinaia di candidati monaci. Si dice che, al culmine della diffusione, fossero addirittura un migliaio. Poi il nuovo, lento declino, e la ripresa di questi ultimi decenni, in cui sei monasteri sono stati completamente restaurati e sono ora occupati da comunità monacali.

Per salirvi non si viene più issati con le corde di canapa e lino, perché sono stati attrezzati dei ripidi camminamenti che permettono un’ascesa faticosa ma sicura ai numerosissimi turisti attirati dalla bellezza dei luoghi. Visitare nella fresca alba estiva un monastero come quello di Ipapanti, isolato su una cengia di una parete a piombo su campi di olivi pluricentenari, è un’esperienza mistica e estetica nel contempo (non magica, come potrebbe sembrare), che non può lasciare indifferenti. E si capisce come per vivere tra queste cime bisognava e bisogna ancora coltivare un vero senso della vita.

In un altro monastero, dedicato alla Santa Trinità, Aghia Tria, l’accoglienza rispettosa ma calorosa di un monaco che parla inglese - in un ampio atrio arredato con iscrizioni greche tratte dall’inno alla carità di San Paolo -, mi da il senso del valore di questi monasteri ben più delle stupende icone che rivestono le pareti delle chiese: essere un’icona vivente dell’amore di quel Cristo che quassù non voleva certo fuggire il mondo, ma portare il mondo più in alto.

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