Ho ricevuto la seguente lettera: «Gent.mo Sig. Michele, ho letto e riletto il suo articolo sui montagnard del Vietnam e mi sono emozionata perchè i miei due bambini vengono proprio da quella zona, precisamente dall'orfanotrofio che sta in campagna, più lontano dalla bellissima chiesa di legno scuro. Voglio ringraziarla di cuore per le emozioni che ha risvegliato in me descrivendo queste zone e questa gente così fiera e dignitosa nella loro povertà materiale. Cordialmente, Elena».
Gentile signora Elena, oggi pubblico una foto di quel piccolo orfanotrofio, dove il cuore mi si è spezzato, per i tanti bambini e le tante bambine, anche non più piccolissimi, che mi prendevano la mano dicendomi «Portami con te».
Ecco quanto ho scritto nel mio diario di viaggio, solo parzialmente pubblicato nell'articolo: «Le suorine, anch’esse montagnard, che non hanno mai un cedimento, nonostante la loro proverbiale ignoranza; i volontari europei che vengono a dare una mano, per evitare il grigiume di vacanze noiose e con la prospettiva di sentirsi almeno un po’ utili agli altri; il cibo minimale, un po’ di riso un po’ d’insalata un po’ di pesce secco; le preghiere obbligatorie recitate in coro, ad alta voce; l’estrema povertà, pur tuttavia degna, dell’abbigliamento; gli sguardi dei piccoli, struggenti, in cerca di una mano di padre o di madre, quasi spinti da un istinto ancestrale, insopprimibile, di cercare la forza paterna o la dolcezza materna; i cori intonati dai bambini per il sottoscritto che si sente un piccolo vascello sbattuto dai marosi dei sentimenti…».
Gentile signora Elena, oggi pubblico una foto di quel piccolo orfanotrofio, dove il cuore mi si è spezzato, per i tanti bambini e le tante bambine, anche non più piccolissimi, che mi prendevano la mano dicendomi «Portami con te».
Ecco quanto ho scritto nel mio diario di viaggio, solo parzialmente pubblicato nell'articolo: «Le suorine, anch’esse montagnard, che non hanno mai un cedimento, nonostante la loro proverbiale ignoranza; i volontari europei che vengono a dare una mano, per evitare il grigiume di vacanze noiose e con la prospettiva di sentirsi almeno un po’ utili agli altri; il cibo minimale, un po’ di riso un po’ d’insalata un po’ di pesce secco; le preghiere obbligatorie recitate in coro, ad alta voce; l’estrema povertà, pur tuttavia degna, dell’abbigliamento; gli sguardi dei piccoli, struggenti, in cerca di una mano di padre o di madre, quasi spinti da un istinto ancestrale, insopprimibile, di cercare la forza paterna o la dolcezza materna; i cori intonati dai bambini per il sottoscritto che si sente un piccolo vascello sbattuto dai marosi dei sentimenti…».
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