venerdì 5 febbraio 2010

Spagna in crisi? E' robusta come l'Escorial!

Venti di bufera sulle borse europee per i conti in disordine di alcuni Paesi, tra cui in testa c'è la Spagna. Inutile deminizzare una nazione che saprà tirarsi fuori dai guai, perché solida come il suo monastero-fortezza. Visita del 2002.

Un’enorme blocco di granito, immenso come una montagna, scolpito fino a trarne una magione che è un castello, un monastero, un tripudio della forza dell’architettura, una dimostrazione di forza della Controriforma, un’enorme corona regale per Filippo II e le insegne monarchiche ricevute dal padre Carlo V.

L’Escorial, battuto dal vento impetuoso che viene dalla meseta, sembra un gigante a cui un infante allunga una carezza, che serve solo a scuotere qualche granello di polvere dalla sua pietra secolare. Un gigante buono e severo, tuttavia, troppo bello per essere vero, troppo austero per essere falso, troppo ideologico per essere credibile. Eppure c’è. E questo è un fatto. Migliaia di uomini ci hanno rimesso la pelle nell’edificarlo in 43 anni, altre migliaia nel difenderlo, altre migliaia ancora nel cercarvi quella pace di Dio che non può nascere in una dimora di 2000 stanze, 2600 finestre, 1200 porte, 86 scaloni, 16 cortili, 15 chiostri e 88 fontane. Una pace che forse si può toccare solo nelle cripte che ospitano le spoglie delle famiglie reali spagnole, ma solo per la meditazione sulla caducità dell’umana gloria.

Costruito a forma di graticola, per ricordare San Lorenzo, a cui è dedicato il monastero, El Escorial esalta un concetto di santità castigliana che forse non aveva tenuto conto a sufficienza delle figure straordinarie di Teresa di Gesù e di Giovanni della Croce, concentrandosi sulla commistione, spesso fraudolenta o intimidatoria, tra monarchia e cattolicesimo. Ma tant’è, si disse che Carlo V morì in odore di santità, ritiratosi a vivere in un convento negli ultimi due anni della sua vita.

Forse, il luogo più consono a ritrovare un legame col Dio della semplicità è la pinacoteca, il museo di pittura che contiene centinaia di capolavori di quell’arte del XV e XVI secolo che faceva della ricerca dell’essenzialità, pur con guizzi di innovazione e di fragilità, il proprio credo. Ecco, scorrendo le tele, si coglie un barlume della luce divina che Filippo II voleva trasparisse da tutta la costruzione, almeno nelle intenzioni, seppur frammista a troppi segni del potere terreno.
Un ambiente del monastero attira la mia attenzione: lo scalone principale, al centro della loggia a ponente del chiostro. Una struttura di grande dignità, progettata da un italiano, Gian Battista Castello, detto il Bergamasco. Al fascino della sua linea architettonica, si aggiunge il fasto della volta affrescata nel 1692 da Luca Giordano: La gloria della monarchia di Spagna. Un’apoteosi barocca quasi inimmaginabile, giocata su ori e azzurri, in un’orgia di nuvole e di personaggi, balconi e conciliaboli, spade e croci, spade che diventano croci e viceversa, corone e scettri…

Non va dimenticato, naturalmente, che El Escorial ha espletato diverse funzioni: quella di monastero dei monaci dell’ordine di San Geronimo, con la chiesa adibita a sepolcro dell’imperatore Carlo V, di sua moglie e del figlio Filippo II, dei suoi familiari e discendenti, e quindi luogo di preghiera in cui i frati potevano rivolgersi al loro Dio, per perorale la causa e la salvezza dei reali; e quella di scuola e seminario, a completare il carattere religioso dell’edificio. Per tutte queste funzioni concentrate in un solo luogo, El Escorial ricorda che la santità è incompatibile col potere che non si fa servizio. Ma che la santità è all’inverso altrettanto compatibile con la politica che ricerca il bene comune.

1 commento:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny