Espoo, la città satellite, tra mare e boschi, punteggiata di edifici di alta architettura...
Sono alloggiato da amici, in una villetta a schiera ad una ventina di chilometri dal centro di Helsinki, verso ovest, sulla costa meridionale della Finlandia. L’abitazione appare modesta e curata, seppur con dettagli un po’ kitsch: angioletti di gesso in giardino, stampe su papiro di provenienza turistica egiziana, sdraio del color delle viole… Ma la sorpresa gradita arriva nella passeggiata serale, nelle serate di giugno che non finiscono proprio più, che riducono le notti a poche manciate di minuti di un’oscurità mai totalmente tenebrosa.
Dapprima la città appare un vasto concentrato di villette – che seguono i caseggiati popolari, che non raggiungono mai, tuttavia, più di quattro piani – immerse nel verde, con una viabilità straordinaria, che permette alle auto accessi funzionali ma molto limitati, premiando sempre e comunque la viabilità dei pedoni. Finché, inebriati di verde, s’arriva d’improvviso al mare, placido, ancora baciato dal sole primaverile, solcato da qualche natante appena un po’ pazzerello e chiuso nel suo orizzonte, in diversi punti della costa, da isole e isolotti che sembrano immancabilmente dover ospitare casette bianche, rosse o verdi di rara bellezza oleografica. Si respira pace e serenità, in questa serata tiepida – qui la considerano addirittura calda – senza essere afosa.
Lungo la costa si ergono abitazioni di un insolito livello architettonico, tutte bianche o quasi, fornite di vetrate talvolta quasi sproporzionate, progettate per catturare tutta la luce possibile nei lunghissimi mesi invernali, quando le giornate divengono brevi squarci ritagliati dentro la notte. Paiono tutte costruzioni mutuate da Saarinen, Gesellius e Aalto, architetti e artisti, senza tetti, senza imposte, senza inutili orpelli: ricche solo di forme, belle forme geometriche che contrastano con le linee arrotondate della costa e della vegetazione. Sulla rada le barche sonnecchiano tramortite dal beccheggio e dal caldo della giornata, raffreddando progressivamente le loro superfici plastiche e lignee, preparandosi all’umidità notturna che qui non manca mai, o quasi.
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