
LA VISITA MI HA IMPRESSIONATO, non tanto per le pur ragguardevoli dimensioni del gruppo – 500 tra giornalisti, registi, operatori, amministrativi… – quanto per il fatto che in pratica nel gruppo non esiste un solo giornalista dedito a un unico compito. O meglio, un solo giornalista il cui lavoro abbia come “supporto” solo la carta, o solo la radio, solo la tv o solo il web. Sono tutti giornalisti “multimediali”. Nei grandi open space di Intereconomía si lavora febbrilmente ma con relativa serenità, guidati da una dirigenza indubbiamente abile. I set del tiggì sono piazzati in mezzo alla sala dei giornalisti, i “radiofonici” escono dai loro studi di registrazione per curiosare tra i computer, i “cartacei” sforano sugli “internauti”.
È INDUBITABILE: la comunicazione mediatica è già multimediale. Ciò potrà provocare arretramenti nella specializzazione dei singoli, è vero. Ma chi nasce con l’iPod in mano e gioca naturalissimamente al computer e smanetta su qualsiasi apparato digitale che gli capiti a mano non può che essere portato alla “multimedalità”. In attesa dell’incipiente “intermedialità” (media che usano altri media e che si scambiano funzionalità varie) e della futura “transmedialità” (media che sono concepiti al servizio di tutti i media). Con gli operatori a salvaguardare la dimensione umana di tali mezzi. Sempre più umana, malgrado le apparenze.
(Pubblicato sul sito di NetOne il 06/07/09).
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